Covid-19: così le scuole hanno creato gli anticorpi contro l’emergenza

L’arrivo del Coronavirus nel nostro Paese ha causato la chiusura prolungata delle scuole per motivi di salute pubblica, per la prima volta nella nostra storia. Quello che sarebbe potuto diventare un flagello ha invece stimolato la celere creazione di “anticorpi”. Vediamo cos’è accaduto nelle scuole, più o meno attrezzate

Il fattore tempo è fondamentale, nel tentativo di tracciare la confusa rivoluzione copernicana dovuta all’emergenza da Coronavirus che le scuole d’Italia hanno dovuto recepire, capire, razionalizzare e gestire in pochi giorni, a partire da domenica 23 febbraio 2020. Ad oggi, il  vitalissimo fermento mediatico sorto intorno all’emergenza, fatto di cronache in tempo reale in tutti i canali di comunicazione, Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in bozza dati in pasto ai media, polemiche, allarmi più o meno giustificati, decreti non firmati, decreti finalmente firmati e notizie da un Paese sbigottito, a chiazze rosse, gialle e arancione, ha prodotto la terza di sei settimane previste di chiusura delle scuole di ogni ordine e grado. Un  evento epocale, mai vissuto prima.

Per fare chiarezza su alcuni termini specifici che riguardano la scuola, utilizzati spesso impropriamente dai redattori di notizie, con il termine chiusura si deve intendere la situazione di edifici chiusi e personale scolastico, oltre che alunni, a casa. Questa è stata la situazione creatasi nella prima settimana, dal 24 febbraio al 1 marzo: scuole chiuse in alcune province lombarde.

Con il termine sospensione delle attività didattiche si fa riferimento alla situazione per la quale il personale ATA (collaboratori scolastici, amministrativi e tecnici, con il dirigente scolastico) è in servizio e gli edifici scolastici sono “abitati” solo da questo contingente. Gli alunni sono a casa, in “vacanza”, come a Natale, Pasqua e nel periodo estivo.

Questa è la situazione che connota il periodo attuale, dal 2 marzo al 3 aprile. Dal 5 marzo, la sospensione delle attività didattiche ha interessato l’intero Paese. Dall’8 marzo alcune regioni del Nord sono state chiuse agli spostamenti, e fino al 3 aprile tutta l’Italia sarà sottoposta a un unico, restrittivo, regime di protezione e prevenzione del contagio da COVID-19, sintetizzato efficacemente dall’hashtag #iorestoacasa.

La reazione delle scuole, più o meno attrezzate

La prima settimana di chiusura ha evidenziato una dicotomia tra le scuole: da una parte, attrezzatissimi istituti superiori, in genere con rodate esperienze di didattica a distanza (DaD), adeguate dotazioni tecnologiche, frutto della progettazione di dirigenti con una vision ad ampio raggio e di docenti competenti per formazione nelle implicazioni didattiche delle nuove tecnologie applicate alla didattica. Fin dai primissimi giorni dell’emergenza Coronavirus, le scuole secondarie di II grado hanno risposto all’imprevisto stallo con lezioni e attività formative a distanza grazie alle nuove tecnologie e alle competenze possedute dalla comunità scolastica. Sull’altro versante, gli istituti comprensivi, con scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di I grado, che possiedono, in genere, dotazioni tecnologiche obsolescenti di modesta entità e docenti che, per formazione, in genere non possiedono competenze tecniche e/o digitali adeguate per l’utilizzo strutturale delle nuove tecnologie nella didattica. Fortunatamente, anche tra i docenti delle scuole del Primo ciclo ci sono rare, ma preziosissime, eccezioni.

Cos’è accaduto nelle scuole meno attrezzate ad affrontare l’emergenza? Nel ruolo di dirigenti scolastici, abbiamo assistito ad un fenomeno, straordinario, che sulla stampa viene visto con sospetto, irriso dai luminari della pedagogia e dai teorici delle Università, che spesso non hanno avuto mai a che fare con classi di bambini, preadolescenti e adolescenti. Il risultato prodotto dall’iniziale, comprensibile, marasma, quando si susseguivano ipotesi di chiusura delle scuole per alcuni giorni, è il fatto che le nostre piccole-grandi scuole (di serie B?) si sono rimboccate le maniche, hanno ritrovato ispirazione, motivazione, spirito di collaborazione e senso di appartenenza alla comunità scolastica, oltre ad un sano spirito di competizione.

Queste scuole “minori” hanno scelto di attivare, o più spesso accelerare, iniziative di formazione riservate ai docenti, lodevolmente messe a disposizione dal Ministero dell’Istruzione, dall’INDIRE e dalle scuole superiori più innovative del Paese. I Dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, direttamente responsabili dell’organizzazione, gestione e motivazione delle necessarie azioni da compiere, si sono costruttivamente confrontati online con i colleghi dell’intero Paese, anche attraverso i loro gruppi di Facebook , attraverso webinar, appositamente e tempestivamente creati.

Gli obiettivi e le risorse interne

Gli obiettivi , comuni a tutte le scuole, di questa “rivoluzione copernicana”, per la quale i docenti delle scuole, in autonomia e dal basso, hanno realizzato in breve tempo azioni di sviluppo e supporto della didattica a distanza sono stati: raggiungere i loro alunni direttamente a casa loro, indicando proposte di attività formative attraverso gli strumenti della comunicazione digitale (siti istituzionali delle scuole, registro elettronico, aule virtuali, blog didattici, email, videolezioni con semplici applicazioni,  Padlet e altre soluzioni creative, come chat e forum rivolti ai loro alunni o ai colleghi insegnanti; tramite smart workingperseguire gli obiettivi formativi progettati per l’anno scolastico in corso progettando attività didattiche interamente digitalizzate; richiedere la collaborazione delle famiglie, per dare piena attuazione al concetto di corresponsabilità tra scuola e famiglia, ai fini dei raggiungimento del fatidico successo formativo nonostante l’eccezionalità della situazione creatasi.

I docenti hanno utilizzato  proficuamente la rete di comunicazione interna al proprio istituto, si sono confrontati a distanza sul da farsi, su come e con quali strumenti raggiungere gli alunni rimasti a casa, per realizzare la didattica a distanza. Chi “ne sa di più” ha offerto le sue competenze digitali (a volte di altissima qualità) al servizio della scuola ed è diventato tutor dei colleghi più restii, timorosi di non avere sufficienti competenze digitali per affrontare con serenità l’utilizzo di svariate applicazioni utili alla produzione di esperienze significative, tramite materiali multimediali. La facilità della comunicazione tramite applicazioni come Meet di Google per gestire videoconferenze, della condivisione attraverso padlet, dell’utilizzo di piattaforme come Gsuite, ha permesso un approccio ad alcuni degli straordinari, intuitivi, innovativi e divertenti modi di costruire le UDA, unità di apprendimento, da condividere con i loro alunni, suggerendo proposte di attività didattiche e formative creative.

Le altre risorse

Altre straordinarie risorse utili, sono state suggerite da alcune scuole superiori, che hanno ospitato eventi ed iniziative di formazione a supporto dei docenti per l’implementazione della didattica a distanza. Anche i produttori dei software dei registri elettronici hanno dato un fondamentale contributo alle scuole per supportare la DaD, creando intuitive aule virtuali, permettendo così l’interazione tra i docenti e gli alunni delle loro classi attraverso uno strumento, il registro elettronico, che, quotidianamente, è già utilizzato da anni, sia dai docenti che dai genitori.

Tra le buone pratiche che gli insegnanti stanno utilizzando per realizzare coinvolgenti lezioni a distanza, ci sono siti, creati da insegnanti esperti, che mettono a disposizione materiali utili per attività didattiche ludiche e divertenti.

Le scuole polo del Movimento Avanguardie Educative (INDIRE) hanno pubblicato, con l’hashtag #lascuolanonsiferma, il Manifesto della Scuola che non si ferma, la prova della vitalità sorprendente di una realtà scolastica con molti problemi, ma piena di risorse.

agendadigitale

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Seconda prova, cambiarla o eliminarla?

Next Article

Coronavirus, scuole chiuse, dalle assenze alle valutazioni: le falle della didattica online

Related Posts