Coronavirus, Serafini (SNALS): esperienza che farà comprendere a studenti importanza lezioni in presenza

“Spesso ci accorgiamo di quanto sia fondamentale qualcosa, quando ciò che davamo per scontato sentiamo di essere sul punto di perderla. Magari quest’assenza forzata potrà far nascere una nuova consapevolezza negli alunni, aiutandoli a comprendere quanto sia prezioso e unico ogni momento trascorso a scuola: l’incontro con i compagni, il confronto tra punti di vista differenti, la possibilità di conoscere ogni giorno qualcosa di nuovo e di sperimentare le proprie capacità”

Elvira Serafini, segretaria nazionale dello Snals, fa il punto della situazione nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria che ha indotto le autorità prima a chiudere le scuole di alcune regioni, poi, il 4 marzo scorso, a sospendere le lezioni per evitare i pericolosi assembramenti nelle aule, nei corridoi, sulle corriere. Otto milioni di studenti costretti a stare a casa, quasi 800.000 docenti messi nelle stesse condizioni sono il minimo che si deve fare per rallentare il contagio che ha portato infine, questa notte, tra il 7 e l’8 marzo, all’estensione dei territori del Nord dichiarati come zona rossa e alla conferma del blocco dell’attività didattica fino al 15 marzo, sostituita per il momento dalle lezioni a distanza e dalla comunicazione tra gli alunni e i docenti tenuta attraverso le piattaforme informatiche.

Ma torniamo al 4 marzo. Segretaria Elvira Serafini, come avete vissuto quella giornata?
“E’ stata un incubo. C’è stato un andirivieni di decisioni, prese d posizione dei sindaci. Chi diceva che le scuole dovessero chiudere, chi sosteneva che dovessero essere sospese le attività didattiche. Poi la questione del personale Ata, al quale non è stato spiegato bene forse il motivo per cui deve rimanere al lavoro. Mi auguro che la maggior chiarezza nel futuro possa portare a capire meglio dove stiamo andando. Si parla di tenere chiuse le scuole fino al 15 marzo e esperiamo che poi si possano riprendere le attività e che il picco dei contagi sia nel frattempo finito o calato. Ce lo auguriamo”.

Cos’avete chiesto nell’immediato?
“Abbiamo chiesto al ministro dell’università che per le prove preselettive per il Tfa, previste per il 2 e 3 aprile ci sia uno slittamento. Vogliamo che i due ministeri si interfacciano. Sicuramente si sono fatti carico del problema e si sono impegnati a darci delle risposte. Non ci hanno ancora dato una risposta definitiva ma hanno preso in considerazione la richiesta del sindacato”

Sempre nell’immediato: avete concordato delle decisioni operative?
“E’ stato instaurato un canale diretto con il ministero in modo che possiamo interfacciarci per proporre domande e avere risposte immediate sui problemi che possono riproporsi sull’emergenza a scuola. In questi casi il ministero interverrà immediatamente”.

Faccia una esempio
“Per esempio un problema potrebbe essere legato al fatto che i dirigenti scolastici possano decidere di convocare i collegi docenti nelle forme più svariate. Noi verificheremo di volta in volta le segnalazioni e se ci saranno situazioni che vanno oltre le indicazioni della nuova normativa faremo intervenire il ministero. Tanto per dire, c’è stata una Direzione regionale che era andata oltre le indicazioni e allora, attraverso questo canale, abbiamo risolto il problema. Per quanto riguarda talune procedure burocratiche le stiano bypassando attraverso whatsapp o email per avere soluzioni veloci, sempre dal ministero”.

Che cosa ne sarà dei concorsi? Ne avete parlato?
“Non abbiamo parlato dei concorsi. Al tavolo nella riunione abbiamo chiarito che per problematiche relative ai concorsi lo stato di agitazione e anche lo sciopero che era stato previsto per il 6 marzo lo abbiamo revocato per un nostro senso di responsabilità e per una presa di coscienza della situazione, ma tutte le problematiche restano congelate. Abbiamo chiesto al Miur di aprire un confronto”.

Secondo lei le scuole e gli insegnanti sono preparati ad affrontare l’emergenza?
“La situazione è, appunto, di emergenza. Abbiamo dei docenti che sono molto sensibili all’emergenza, anche se non tutti sono preparati: ci sono certo delle criticità. C’è improvvisazione, c’è il voler essere all’altezza della situazione, ma non tutti i docenti sono stati preparati. In linea generale c’è una presa di coscienza da parte degli insegnanti ma non si prevedeva questa emergenza. Presto, finita questa crisi, parleremo della preparazione dei docenti a gestire emergenze di questo tipo, oggi ci si attrezza con quello che c’è. E si fa molto, mi creda. Ecco perché non possiamo dire che i docenti non vogliono dare il massimo, è semmai esattamente il contrario. Parlo di tutti, anche del personale Ata e dei dirigenti. C’è una comunità che si rimbocca le maniche e che si tuffa nel lavoro in presenza di un’emergenza, che sia il terremoto o il ponte di Genova, anche in questo caso la scuola sta rispondendo con sensibilità e senso di responsabilità, assieme alle famiglie”

Fermiamoci sul personale Ata, che si stente discriminato. I docenti a casa, loro al lavoro anche senza alunni e senza attività didattica.
“Come sindacato non ce la sentiamo dire che non vanno tutelati. Abbiamo chiesto alla ministra di fare chiarezza in maniera veloce e chiara sulla disparità di trattamento”

Questa emergenza ha fatto scoprire l’importanza della didattica a distanza. Può essere la soluzione?
“Si comincia a parlar bene della scuola a distanza ma ci teniamo a dire che va bene nelle emergenze, però nella normalità non è possibile. Il docente plasma insieme alla famiglia la formazione dell’uomo del domani. Il docente, che lavora sul giovane, lascerà un’impronta. Io incontro ancora i miei ex alunni che mi dicono grazie di quello che ha fatto me. Il docente lascia nei ragazzi un segno per tutta la vita, un segno che non può essere sostituito da un computer. Non facciamo di questo la regola. Si stanno esaltando troppo le tecnologie. E’ pericoloso, andiamo piano: l’essere umano va trattato con l’empatia. Addirittura esperti ed opinionisti hanno iniziato a sostenere che fosse proprio questa la nuova frontiera dell’insegnamento, presentando la didattica a distanza, come una modalità innovativa, coinvolgente e addirittura maggiormente efficace rispetto a quella in presenza Ma davvero stanno così le cose?”.

Come stanno le cose?
“Forse sarebbe opportuno chiedersi cosa significhi oggi insegnare per i docenti, cosa implichi negli alunni l’apprendimento, in che modo funzioni il complesso mondo della scuola, ma soprattutto cosa esso rappresenti nella nostra società e cosa dovrebbe rappresentare. Questa nuova sfida, in un periodo difficile per il nostro paese, non può che essere raccolta dal mondo della scuola, che come sempre non esita a mettersi in gioco e in discussione, ma di sicuro non può passare l’idea che la distanza e non la presenza rappresenti l’essenza dell’insegnamento. Il confronto tra il docente e l’alunno e tra gli alunni, le esperienze che si vivono in una classe reale, assolutamente non paragonabile a quella virtuale, le modalità di relazione che si sperimentano giornalmente nella realtà scolastica, non si possono riprodurre attraverso un pc o un tablet. Come si può anche solo ipotizzare che sia sufficiente caricare dei contenuti su una piattaforma o registrare una lezione o ancora interrogare a distanza, per assolvere e conseguire le finalità dell’insegnamento? È davvero questa l’idea che si ha dell’attività didattica? Di sicuro l’utilizzo della tecnologia, nell’ambito dell’azione educativa, rappresenta un importante arricchimento dell’offerta formativa, ma presenta dei limiti oggettivi, che non vanno sottovalutati. Offre in una situazione come quella attuale, in cui i docenti non hanno alcuna possibilità di incontrare i propri alunni, una possibile risposta all’esigenza di non interrompere il dialogo educativo, ma non è la soluzione. Intanto, perché non consente l’interazione tra tutti contestualmente, ma anche perché non bisogna dimenticare che non tutte le scuole sono dotate di strumentazioni idonee a rispondere a tale esigenza e, ancora, soprattutto quando si opera in contesti deprivati, che non tutti gli alunni dispongono di attrezzature tecnologiche o di connessione a internet. Puntare solo sulla tecnologia per l’insegnamento non solo disconosce l’importanza del confronto diretto, della relazione positiva, del rapporto empatico, ma pone in essere possibili forme di emarginazione proprio dei soggetti più deboli e maggiormente bisognosi di interventi formativi”.

Da molte parti arrivano notizie di alunni che a casa non hanno un computer
“La scuola non può e non dev’essere il luogo delle sperequazioni sociali, ciò la porterebbe a tradire la sua ragion d’essere e la sua mission, che consistono nell’offrire a tutti pari opportunità”.

Sul piano formale è legittima la didattica a distanza?
“La normativa precedente prevedeva che l’attività a distanza avrebbe dovuto essere approvata previa discussione da parte del collegio dei docenti. Nell’emergenza, il Dpcm del 4 marzo ha eliminato questo inciso e dunque non serve più il passaggio in collegio. Ma teniamo a sottolineare che ciò deve essere legato all’emergenza, cioè non può diventare la norma”

Siamo sicuri?
“Ci batteremo con tutte le nostre forze a che non diventi norma”.

E’ stato affrontato il problema della privacy dei docenti? Le loro immagini e i filmati inviati agli studenti potrebbero essere manipolati e messi in rete.
“Non è stato affrontato questo tema”

Saranno recuperati i giorni di lezione persi?
“Al momento la situazione attuale non prevede alcun recupero. Mi riferisco all’incontro che abbiamo avuto al ministero nei giorni scorsi. Quello che succederà un domani non lo so e non lo sa neppure il ministro, perché non sappiamo quanto durerà l’emergenza. Intanto dobbiamo pensare in positivo”.

orizzontescuola

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