Cop15, a Montreal raggiunto “accordo storico” per la tutela della biodiversità

OK all’accordo sull’attuazione del piano “30 by 30” per evitare il rischio di una “sesta estinzione di massa”. Resta il problema dei finanziamenti per supportare i Paesi in difficoltà

L’accordo “storico” della Cop15, Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, riunitasi a Montreal in Canada, promette di segnare un cambiamento epocale nella difesa della biodiversità, anche se non sono mancate le polemiche. La bozza del testo definitivo è stato approvata nelle prime ore della giornata conclusiva, dopo essere stata rilasciata dalla Cina, Paese che detiene la presidenza di questa edizione della Conferenza. Ribattezzato “Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework”, l’accordo non ha visto l’ok di Congo e Uganda, proprio in merito all’ambiguità sui finanziamenti per supportare i paesi in difficoltà

Cop15

“Non c’è mai stato un obiettivo di conservazione a livello globale di questa portata”, ha dichiarato ai giornalisti Brian O’Donnell, direttore del gruppo di conservazione Campaign for Nature. Pur non avendo soddisfatto le aspettative di tutti i 193 Paesi partecipanti, la Cop15 è riuscita a mettere a segno uno dei venti obiettivi principali prefissati alla sua apertura. Nello specifico l’attuazione del cosiddetto piano “30 by 30”, ovvero l’impegno a proteggere il 30% del Pianeta, a ripristinare il 30% delle aree marine e terrestri degradate e a riconoscere i diritti dei popoli indigeni, a oggi custodi dell’80% della biodiversità residua sulla Terra. Il tutto entro il 2030. “Stasera stiamo facendo la storia alla Cop15” ha twittato il Commissario europeo per l’Ambiente Virginijus Sinkevicius.

Nonostante la somiglianza nei nomi, la Cop15 è un appuntamento distinto dalla recente Cop27, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima tenutasi dal 6 al 18 novembre 2022 a Sharm El-Sheikh, anche nelle tematiche. Mentre quest’ultima si è concentrata sulla lotta ai cambiamenti climatici, la Cop15 ha avuto come focus la salute e la tutela di tutte le specie viventi e del Pianeta.

In realtà la prima parte della Conferenza si è tenuta a Kunming, in Cina, dall’11 al 15 ottobre 2021. In quest’occasione le parti interessate hanno riaffermato il loro impegno a raggiungere la visione 2050 di “vivere in armonia con la natura, adottando la Dichiarazione di Kunming”. L’appuntamento di Montreal ha costituito quindi la seconda fase della Conferenza, quella conclusiva e destinata all’adozione di un nuovo quadro globale sulla biodiversità. Il “Post-2020 Global Biodiversity Framework” è il primo quadro sulla biodiversità adottato a dodici anni di distanza dagli Aichi Biodiversity Targets di Nagoya, firmati nella città giapponese che nel 2010 ha ospitato la decima edizione della Conferenza.

Nodo finanziamenti

La parte più complessa è stata trovare una quadra su come e con quali risorse queste misure dovessero essere finanziate, tanto che mercoledì 14 dicembre, nel pieno della discussione, i delegati di 70 Paesi africani, sudamericani e asiatici hanno abbandonato i lavori in segno di disaccordo per poi rientrare poche ore dopo. Il Brasile, che ha parlato a nome dei Paesi in via di sviluppo, ha sottolineato l’importanza di istituire un nuovo meccanismo di finanziamento dedicato alla biodiversità in cui i Paesi sviluppati dovrebbero fornire 100 miliardi di dollari all’anno in sovvenzioni finanziarie alle economie emergenti fino al 2030.

Alla fine i Paesi partecipanti si sono accordati nel garantire risorse finanziarie “equamente accessibili – si legge nel testo della bozza finale – a tutte le parti, in particolare ai Paesi in via di sviluppo, ai Paesi meno sviluppati e ai piccoli Stati insulari in via di sviluppo, nonché ai Paesi con economie in transizione, colmando progressivamente il gap finanziario della biodiversità di 700 miliardi di dollari l’anno”. A tanto ammonta la stima delle risorse necessarie per tutelare la biodiversità, un numero che rispetto ai 150 miliardi di dollari investiti globalmente negli ultimi a questo scopo appare una sfida non facile da vincere.

Cosa dice l’IPCC

Attualmente solo il 17% delle terre e il 10% delle aree marine sono protette. Un dato tanto più allarmante se si guarda alle previsioni degli scienziati: secondo quanto affermato dall’Ipbes – Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services – e confermato nel sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change – la Terra sta rischiando la sesta estinzione di massa, dopo quella dei dinosauri 65 milioni di anni fa. Più nel concreto, entro i prossimi decenni potrebbe scomparire dalla faccia del Pianeta un milione di specie, tra piante, mammiferi, come i lemuri o la tigre del Bengala, ma anche squali, salmoni e altri animali acquatici. Ma se in passato stravolgimenti dipesero da fenomeni naturali, questa volta la causa di questo continuo impoverimento della biodiversità sono le azioni degli uomini.

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