Addio all’App18, il bonus 18enni per teatri, cinema, spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani e periodici, musei, concerti e mostre. Un emendamento della maggioranza (FdI, Lega e FI) alla manovra di bilancio, in questi giorni in discussione in Parlamento, abroga la misura ridestinando le risorse – pari 230 milioni di euro annui a decorrere dal 2022 – a finalità di sostegno del mondo dello spettacolo e della
cultura. Si va dal rafforzamento del Fondo per il sostegno economico temporaneo dei lavoratori dello spettacolo al Fondo per gli operatori dell’editoria e delle librerie, dal Fondo per lo spettacolo dal vivo al sostegno delle attività di rievocazione storica de “La Girandola” di Roma.
Opposizioni in rivolta
Una notizia che ha colto tutti di sorpresa e che sta scatenando polemiche. “Una cosa assurda dopo che Francia, Spagna e Germania hanno introdotto un bonus cultura esplicitamente ispirato dal nostro. Il governo faccia marcia indietro e non tagli alla cultura” è il commento dell’ex ministro Dario Franceschini. Gli fa eco il senatore Matteo Renzi che chiede al Governo di fare marcia indietro mentre Enzo Mazza, Ceo di Fimi (Federazione industria musicale italiana) parla chiaramente di “uno schiaffo ai giovani già penalizzati da assenza di politiche per le nuove generazioni. Si tratta di un danno enorme per la cultura”.
“Un danno da 1 miliardo di euro”
“Apprendiamo che il Governo, con un emendamento alla Legge di Bilancio, intende abrogare 18app del Bonus Cultura. Non nascondiamo la nostra preoccupazione, poiché tale manovra ha permesso per diversi anni ai neo 18enni di supportare attivamente l’Industria Culturale con risultati incoraggianti – fa sapere in una nota Mario Limongelli, Presidente dei Produttori Musicali Indipendenti – Da quando la misura è attiva, infatti, il Bonus Cultura ha generato un controvalore economico superiore a 1 miliardo di euro. L’Italia ha bisogno di investire sui giovani e nella Cultura, patrimonio fondamentale che ha un’importante ricaduta sia sul tessuto sociale che economico del nostro Paese, soprattutto in assenza di nuove politiche per il settore”.
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