La Brexit non spaventa studenti inglese ed europei: le università britanniche continuano ad attirare giovani. Come scrive Enrico Franceschini su Repubblica, il numero di richieste di iscrizione per l’anno accademico 2018-2019 dai paesi dell’Unione europea è aumentato del 3,4 per cento rispetto l’anno precedente, per un totale di 43510 potenziali iscritti. Passata la bufera dello scorso anno, quando le prime cifre dopo il referendum britannico sulla Ue evidenziarono un declino pari a 3 mila richieste di iscrizione in meno, sembra tornata la fiducia dei giovani nella qualità dell’istruzione oltre Manica. Le nuove richieste mostrano un incremento rispetto al 2016, pur non essendo tornate ai livelli del 2015, cioè di prima che il referendum segnalasse l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue.
E’ un segnale incoraggiante per le università della Gran Bretagna, che temevano un’erosione di studenti europei e di conseguenza un calo dei propri guadagni: a 9 mila sterline l’anno l’uno (più di 10 mila euro) per la tassa di iscrizione, senza contare le spese per vitto, alloggio e altro, ogni studente vale oro per il mondo accademico britannico. L’aumento si può spiegare con una maggiore comprensione dei tempi della Brexit. Il timore iniziale risiedeva soprattutto nello spauracchio di dover pagare una tassa più alta degli studenti inglesi, già molto salata, non potendo richiedere un prestito per l’intero ammontare, restituibile solo dopo la laurea e dopo avere un salario di almeno 21 mila sterline l’anno. Una terza conseguenza negativa che si prospettava era l’impossibilità, a causa della Brexit, di rimanere a lavorare nel Regno Unito.
Dal giugno 2016 ad oggi, le cose sono diventate più chiare. La Gran Bretagna resterà a pieno titolo nell’Unione europea fino al 29 marzo 2019 – e fino ad allora dunque nulla cambierà. Non solo: in base all’accordo raggiunto fra Londra e Bruxelles nel dicembre scorso, si è capito che ogni europeo – studenti inclusi – arrivato in Gran Bretagna sino a tale data, cioè entro il 20 marzo 2019, avrà diritto di restarci a tempo indeterminato, dunque di stabilircisi per lavorare, se così vorrà. Per cui uno studente italiano che inizia l’università nel regno Unito nell’autunno prossimo avrà gli stessi diritti del passato: se vorrà fare di questo paese il suo futuro luogo di lavoro potrà farlo senza alcuna restrizione.
Resta da vedere cosa accadrà l’anno prossimo. Molto dipende da come prosegue il negoziato sulla Brexit. Nella seconda fase della trattativa, che inizia in questi giorni, le due parti devono mettersi d’accordo sulle condizioni del “periodo di transizione”, dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020, in cui tutto resterà inalterato: formalmente la Gran Bretagna sarà fuori dalla Ue, ma continuerà a goderne i benefici e a rispettarne le regole. E’ a quel punto che si capirà davvero se il numero di studenti europei in Inghilterra è destinato a diminuire sensibilmente. A meno che, naturalmente, per quella data Londra non ci abbia ripensato, con un secondo referendum o un nuovo governo magari a guida laburista, facendo marcia indietro sulla Brexit.
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