Borse di studio in ritardo e calo degli iscritti: è allarme negli atenei

Nella ricca Verona sono 1.717 gli studenti idonei non beneficiari. A Messina 4.768.

La figura dello studente idoneo a ricevere la borsa per studio ma senza che ne possa beneficiare per mancanza di fondi è una figura tutta italiana. Manca un finanziamento strutturale, ci sono ritardi nella distribuzione, i soldi arrivano dopo mesi. Il ministero prova a drenare, anche il Pnrr ha i suoi fondi, eppure tutto si inceppa. Anche quando i soldi sono tanti, si rischia di non coprire tutti o di non coprirli per tempo.

I dati

Dalle stime che ricaviamo con l’aiuto dell’Unione degli Universitari (Udu), emerge una situazione difficile e frammentata. C’è, ad esempio, la Basilicata, che non riceve la quota premiale del fondo che finanzia le borse di studio da diversi anni. Poi Palermo, che ha una copertura del 47 per cento delle borse di studio. Questo significa che ce ne sono solo 6.633 su 13.550 che ne avrebbero diritto. A Messina, gli idonei non beneficiari sono 4.768. A Venezia all’incirca 1.200. E ancora, a Verona sono in 1.717 gli idonei non beneficiari: circa il 50 per cento non sa se riceverà borsa di studio. A Padova sono 2.654, a Pavia 1.218. Circa mille a Brescia. Nel Lazio erano in 7.733: è stato assicurato che saranno resi idonei beneficiari, in queste ore sono in corso scorrimenti e consegna prima rata e la situazione dovrebbe sbloccarsi. Rata che, però, sarebbe dovuta essere erogata entro dicembre e che invece arriva, quando arriva, con circa quattro mesi di ritardo nonostante il riparto dei fondi fosse stato addirittura anticipato.

“Sono costretta a fare la rinuncia agli studi – racconta ad esempio una studentessa al collettivo Sapienza Futura – è uno dei motivi è l’essere ancora idonea ma non vincitrice ormai a metà marzo. Gestire l’affitto da sola per me non è più possibile”. Assicura la partecipazione alla manifestazione degli studenti. “Non tanto per me ormai, quanto per gli altri studenti e studentesse che si trovano nella mia situazione”. Che ci sono. “Mi sono salvata per due settimane – spiega un’altra studentessa che sta per ricevere la rata – ad aprile avrei chiuso baracca”. In Abruzzo, si contano 888 idonei non beneficiari a L’Aquila e 202 a Teramo. La settimana scorsa, i Giovani Democratici hanno sollecitato il presidente della Regione appena confermato Marsilio, a farle arrivare: “Un silenzio assordante continua ad aleggiare intorno al finanziamento del diritto allo studio universitario in Abruzzo – hanno detto Saverio Gileno e Monaim Moutamid, rispettivamente segretario regionale e responsabile università Giovani democratici per l’Abruzzo – . Marsilio ha lanciato la sua ennesima promessa elettorale assicurando che il pagamento di tutte le borse di studio sarebbe avvenuto a breve, ma l’unico atto che egli ha realmente fatto è stato quello di negare il diritto alla formazione a 3.387 studenti e studentesse, idonei ma non beneficiari della borsa di studio”.

Il paragone in Europa

Il quadro attuale sull’università italiana e il contributo pubblico agli studi certo non aiuta. Lo racconta l’ultimo rapporto Mediobanca, pubblicato questa settimana che include anche il calo demografico: il minore introito da rette di frequenza per la riduzione degli iscritti, ad esempio, è stato stimato in almeno 500 milioni di euro per effetto di circa 415mila studenti in meno (-21,2%), soprattutto al Sud, dove gli studenti impiegano in media 150 minuti per raggiungere la sede rispetto agli 88 del resto d’italia. Inoltre, nonostante le stime ritengano che per gli studenti sia disponibile un alloggio su otto, in realtà il rapporto è di 1 a 21. Lo Stato, infatti, contribuisce alla spesa per la formazione universitaria per il 61% del totale, rispetto al 76% della Ue e al 67% della media dei Paesi OCSE. La quota residua è per lo più sostenuta dalle famiglie: 33% in Italia contro il 14% della Ue e il 22% dell’OCSE. 

Dopo diverse riformulazioni sui target, il Governo ottiene dalla Commissione che le borse totali da erogare per definire raggiunto i target Pnrr sono 55mila entro il 2024 e 55mila entro il 2025. Su questi vengono dati 308 milioni aggiuntivi (rispetto ai 500 milioni già previsti in legge di Bilancio). Sono soldi che, secondo la missione, servono per oltre 110mila borse di studio coperte “esclusivamente” con fondi Pnrr. Con il decreto direttoriale del 12 marzo 2024, il ministero dell’Università ripartisce così per il 2023-2024, 270 milioni di fondi Pnrr. Dunque, dai 308 milioni vengono tolti questi 270 e distribuiti agli enti che erogano le borse (anche se non si sa quando saranno disponibili perché manca ancora la firma della Corte dei Conti). Guardando al riparto, si nota però che i soldi sono inviati a tutti gli enti come solitamente si fa con il Fis, il fondo “tradizionale”.

Il Pnrr rischia di non coprire gli idonei non beneficiari

Il paradosso, è il punto, è che con questa distribuzione si rischi comunque di non coprire gli idonei non beneficiari in Regioni o città dove la percentuale è più alta che in altre. “A Pavia, ad esempio, i 2,2 milioni non sono sufficienti. Perché mai, se sono utilizzabili solo per il 2023-2024, non li hanno mandati solo agli enti dove c’erano più idonei non beneficiari?” si chiede Alessia Polisini dell’Udu, che ha anche scritto al ministero ma non ha avuto risposta. Tolti poi i 270 milioni dai 308 milioni di Pnrr, si starà di nuovo punto e a capo. “I 38 milioni restanti non basteranno a coprire le 55 mila borse dell’anno prossimo”.

A valle, la poca trasparenza. “Si va continuamente in affanno con i fondi, non vengono effettuati calcoli precisi sul fabbisogno, le rate sono pagate sempre in ritardo e questo fa sì che non si possa capire in tempo reale (o per tempo) quale sia la necessità reale del Paese e dei suoi studenti. Il governo lavora in continua emergenza”. Lo stanziamento tardivo, nonostante gli sforzi del Ministero, è speso inutile: in un anno cambia sia la popolazione universitaria che la condizione economica dei suoi studenti. “Ed è un paradosso visto che un idoneo a ricevere una borsa di studio è una persona che costituzionalmente risulta ‘priva di mezzi’ per studiare e che quindi, senza quel contributo, o rinuncia agli studi o è costretta a lavorare, modificando così la sua posizione rispetto ai criteri per avere accesso alla borsa di studio l’anno successivo” conclude Polisini.

LEGGI ANCHE:

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

La protesta contro il bando Maeci tocca anche Torino: studenti in tenda davanti al Politecnico

Next Article

Europee, il 47% dei giovani italiani andrà a votare ma solo l'8% è soddisfatto del dibattito elettorale

Related Posts