“Università: verso la Riforma”. Nel corso del convegno organizzato presso la Sala Consiliare della Biblioteca del Senato è stata diffusa una nota del Miur in cui vengono anticipati i punti salienti del disegno di legge Gelmini sull’Università, in dirittura d’arrivo per essere presentato in Consiglio dei Ministri. Il tutto è avvenuto davanti a una qualificata platea di addetti ai lavori: rappresentato il lato accademico (rettori e professori universitari) e quello politico (senatori “esperti della materia” come Giuseppe Valditara, Gaetano Quagliariello ma anche Nicola Rossi).
Le misure annunciate sono di un certo rilievo e di sicuro impatto: un mandato di non oltre otto anni per i rettori (con valenza retroattiva), la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro per evitare duplicazioni, un consiglio di amministrazione con il 40% di membri esterni, scatti stipendiali solo ai professori migliori (e penalizzazione per i peggiori). Queste alcune delle novità previste dal ddl messo a punto dal ministro Mariastella Gelmini per dare un volto nuovo all’università italiana perché – ha spiegato – “bisogna avere il coraggio di cambiare, premiando i giovani meritevoli e le università che puntano sulla qualità eliminando gli sprechi”.
Verso il federalismo degli atenei. Sarà possibile fondere o aggregare, su base federativa, università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, per aumentare la qualità, evitare duplicazioni e abbattere i costi.
Bilanci più trasparenti. I bilanci delle università dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza (attualmente non calcolano, ad esempio, la base di patrimonio degli atenei). Debiti e crediti saranno resi più chiari secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri Istruzione e Tesoro.
Razionalizzazione corsi. I settori scientifico-disciplinari passeranno dagli attuali 370 a circa la metà (con una consistenza minima di 50 ordinari per settore). La sforbiciata punta anche a evitare che cordate ristrette abbiano troppo potere. È poi prevista una delega al ministro per riorganizzare i dottorati di ricerca.
Rettori a termine. Alla base della riforma della governance c’è l’adozione di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. Per quanto riguarda i rettori è previsto un limite massimo complessivo di 8 anni per il loro mandato (inclusi quelli già trascorsi prima della riforma).
Divisione compiti tra Senato e Cda. Ci sarà una distinzione netta di funzioni tra Senato accademico e Cda: il Senato avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara delle spese, delle assunzioni e delle spese di gestione anche delle sedi distaccate. Sarà ridotto il numero di membri sia del Senato (al massimo 35 contro gli oltre 50 di oggi) sia del Cda (11 invece di 30) «per evitare organi pletorici e poco responsabilizzati». Il Cda avrà il 40% di membri esterni e sarà rafforzata la rappresentanza studentesca (questo anche nel senato). Un direttore generale prenderà il posto dell’attuale direttore amministrativo e avrà compiti di grande responsabilità, insomma sarà un vero e proprio manager dell’ateneo. Infine, il nucleo di valutazione d’ateneo sarà a maggioranza esterna (per garantire una valutazione imparziale) e sarà semplificata la struttura interna degli atenei.
Premiare i migliori, penalizzare i peggiori. Una commissione nazionale (con membri italiani e per la prima volta anche stranieri) dovrà abilitare coloro che sono ammessi a partecipare ai concorsi per le varie fasce. Saranno valutate le capacità e il curriculum sulla base di parametri predefiniti. Le università potranno assumere solo coloro che saranno riconosciuti validi dalla commissione. Vengono previsti incentivi economici al trasferimento per i docenti al fine di rendere concretamente possibile la mobilità, con procedure semplificate per i docenti di università straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia. I professori a tempo pieno dovranno lavorare 1.500 ore annue, di cui almeno 350 per docenza e servizio agli studenti. Scatti stipendiali solo ai prof migliori: si rafforzano le misure annunciate nel DM 180 in tema di valutazione biennale dell’attività di ricerca dei docenti; in caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.
Manuel Massimo