Per capire cosa sta succedendo al sistema universitario nel suo complesso occorrerebbe fermarsi a riflettere sui numeri e registrare i macro-cambiamenti che si sono verificati nel passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, il cosiddetto “3+2”. Lo ha fatto il quotidiano “Il Sole 24 Ore” che, dati alla mano, è riuscito a dare qualche indicazione oggettiva sui trend degli ultimi 8 anni, mettendo nero su bianco evidenti anomalie che rendono la situazione generale attuale degli atenei piuttosto precaria dal punto di vista finanziario. In primis l’aumento esponenziale dei docenti a fronte di un lieve incremento degli iscritti.
Docenti e corsi. Negli ultimi otto anni l’università italiana ha aumentato il numero dei docenti ordinari del 32,2% (e il peso dei loro stipendi del 63,7%), superando il numero degli associati; un boom, quello dei docenti, parallelo a quello dei corsi arrivati l’anno scorso al record di 5.412; nello stesso periodo gli studenti sono cresciuti del 10,6%.
Alcuni esempi. Foggia, sede autonoma dal 1999, sembra l’università dove più impetuosa è stata la crescita del numero di docenti ordinari, dai 27 del 2000 ai 97 di oggi. Raddoppiati anche i ricercatori e aumentati del 67,2% gli associati, gli studenti iscritti sono cresciuti del 17, 6%. Foggia però non è tra le università in rosso, avendo assorbito per gli stipendi il 74% del finanziamento statale (la soglia massima prevista è del 90%). Sempre in base alle tabelle elaborate, sono sufficienti le dita di una sola mano per contare gli atenei che hanno visto una crescita dei professori ordinari in percentuali con una sola cifra: Pavia (1,9%), Trieste (2,4%), Genova (6,2%).
Universitari in famiglia. Il 72% degli studenti universitari in Italia continua a vivere in famiglia, sopratutto nelle grandi città. Ciò causa anche una forte percentuale di pendolari, cresciuti dal 2000 del 32%. Lo rileva una ricerca della Fondazione Rui, anticipata dal quotidiano di Confindustria. Ecco l’identikit degli studenti italiani in ateneo: pendolari o non trasferiti in un caso su due, quasi sempre privi di aiuti economici, poco orientati a studiare all’estero e con una motivazione in calo a proseguire dopo il triennio. Il 60% degli studenti universitari in Italia ha un’età che arriva fino a 21 anni; oltre il 10% è over 25 mentre il 4,8% supera i trenta.
Borse di studio, Italia al palo. Il nostro Paese è il fanalino di coda dei paesi Ue per quanto riguarda le borse di studio assegnate agli studenti universitari. Nell’anno accademico 2006-2007, infatti, su oltre 174 mila candidati in regola con i requisiti, le borse di studio sono state erogate a poco più di 141 mila giovani universitari. Un idoneo su cinque, dunque ha dovuto arrangiarsi da sé. Nell’anno accademico 2005-2006 hanno beneficiato di borse di studio: in Svezia e Paesi Bassi l’87% degli studenti, 86% in Inghilterra, 84% in Finlandia, 52% in Francia, 38% in Bulgaria, 32% in Portogallo, 27% in Austria, 26% in Germania, 14% in Svizzera, 11% in Italia. Il ministero dell’Istruzione, nel decreto approvato giovedì scorso, ha previsto uno stanziamento di 135 milioni di euro dal 2009 da spendere in borse di studio per gli allievi più capaci e meritevoli. Un primo passo, ma di strada da fare ce n’è ancora tanta.
Manuel Massimo
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