All’Italia il record di Neet nell’Unione Europea: da noi sono il doppio di Francia e Germania

Il 23,1% dei giovani nella fascia compresa tra i 15 e i 29 anni non studia e non cerca un lavoro: è il dato allarmante contenuto in un dossier presentato oggi da Save the Children, il più alto in tutta l’Ue. E un diplomato su 10 nel 2022 che non ha le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’università.

L’Italia è il Paese nell’Unione europea ad avere il più alto numero di Neet (ovvero di chi non studia e non cerca un lavoro): il 23,1% nella fascia compresa tra i 15 e i 29 anni, oltre il doppio di Francia e Germania. È il dato davvero desolante che arriva dal rapporto “Alla ricerca del tempo perduto” stilato da Save the Children.

Tra gli aspetti più preoccupanti c’è anche il dato che vede il 12,7% degli studenti non arrivare
al diploma, perché abbandona precocemente gli studi. C‘è poi una percentuale rilevante, il 9,7% del totale, quasi un diplomato su 10 nel 2022 che non ha le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università.  

In vista della riapertura delle scuole, l’associazione segnala alcuni deficit strutturali a livello nazionale e locale, in termini di spazi, servizi e tempi educativi, mettendo in luce un paradosso: laddove la povertà minorile e più alta, e sarebbe dunque importante un’offerta formativa di qualità, “la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre”.

Il rapporto segnala una forte disparità geografica nelle “dispersione implicita”, che risulta più alta in Campania, al 19,8%. Save the Children cita i dati Invalsi del 2022: se si guarda alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiungono il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania,
Calabria, Sicilia e Sardegna. L’abbandono scolastico nella maggior parte delle regioni del sud va ben oltre la media nazionale (del 12,7%), con punte in Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%) e valori decisamente più alti rispetto a Centro e Nord anche in Campania (16,4%) e Calabria (14%).

È un dato di fatto, evidenzia poi Save the Children, che vi sia un correlazione tra livello di apprendimento e alcuni indicatori strutturali, apprezzabile guardando i dati in positivo: nelle province dove l’indice di “dispersione implicita” è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini maggior offerta di tempo pieno (frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione), maggior numero di mense (il 25,9% delle scuole contro il 18,8%), di palestre (42,4% contro 29%) e sono inoltre dotate di certificato di agibilità (47,9% contro 25,3%).

“Servirebbero – stima l’organizzazione – 1 miliardo e 445 milioni per garantire il tempo pieno in tutte le classi della scuola primaria statale. Un’offerta adeguata di spazi e di tempi educativi può contribuire efficacemente a ridurre le disuguaglianze educative territoriali- Per questo – osserva Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children – chiediamo al nuovo governo che si formerà un investimento straordinario che parta dalla attivazione di aree ad alta densità educativa nei territori più deprivati: investire il 5% del Pil, al pari della media europea, vorrebbe dire rendere disponibili circa 93 miliardi, contro i circa 71 stanziati nel 2020”.

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