Wall Street – la piazza non dorme mai

Sono scesi in piazza dal 17 settembre 2011, nei pressi del tempio della finanza del mondo occidentale, Wall Street, ma soltanto da pochi giorni, i media sembrano averli notati. Si tratta dell’ Occupy Wall Street movement, mobilitazione intergenerazionale,ma soprattutto dei giovani statunitensi, che si oppongono al pagamento di un debito pubblico di cui non sono responsabili. La loro rabbia è diretta e sincera, eppure, in parte viene recepita come un gesto nostalgico e carnavalesco, in nome di un’astratta e confusa idelogia.

Si tratta di apparenza o di realtà si chiede Peter Catapano del New York Times, raccogliendo le opinioni e informazioni che circolano in rete e analizzando la mobilitazione da un punto di vista sociale.

La sfilata di oltre settecento piloti contro le proprie direzioni generali ha creato una sorta di dissonanza “estetica” rispetto al look del manifestante doc. Avrebbero più risalto, questi giovani delusi e amareggiati della società che gli è stata consegnata, se scendessero in piazza in giacca e cravatta? La questione riportata con apparente leggerezza tocca un tema socio-economico di fondamentale portata: dietro lo scetticismo e il discredito che parte da centri di interesse politico-imprenditoriali, coadiuvati dal supporto da un certo tipo di stampa che dipinge le proteste come esternazioni infantili e superficiali di giovani che è bene che tornino a casa e lasciano lavorare in pace gli adulti, pulsano le correnti contrarie ad un cambio di rotta socio-politico.

Blogger e opinionisti, fautori del movimento, che si oppone alle forme estreme di capitalismo, intravedono nelle critiche di mancanza di organizzazione e di strategie rivolte ai  pasionari di Occupy Wall Street, un atto intenzionale di screditarne l’immagine.

Tra i commenti a favore del movimento leggiamo “… Inoltre, pochissimi movimenti della storia, ai loro albori, godevano di un chiaro e nitido schema tattico; essi mirano ad accendere la conversazione, a far crescere la consapevolezza, attrarre la gente alla causa e costruire le fondamenta. Destituire queste proteste iniziali per manca di una piena, sviluppata e sofisticata professionalità, è come considerare immeritevole un bambino di tre anni perché non sa leggere Schopenhauer. Coloro che veramente sono interessati ad aiutare il movimento a svilupparsi, lavoreranno accanto ad esso, ne miglioreranno le mancanze,. Non li aggrediranno verbalmente al fine di sminuire il loro valore”.

Persiste, tuttavia un’evidente scarsa copertura mediatica dell’avvenimento, la rete dei blog addita l’assenza dei media agli interessi di proprietari ed editori, legati finanziariamente a Wall Street.

Assenza di canali informativi che appoggino la protesta come i canali via cavo che si fecero portatori e, in parte, ideatori, del verbo dei Tea party, tra le cause del silenzio mediatico?

Michaek Kazin, professore di storia a Georgetown, dalle colonne del “The Times” punta il dito sull’indebolimento delle forze sociali, sulla perdita graduale di una visione egualitaria della società  dove lstituzioni e gruppi progressisti sono più impegnati a soddisfare la media borghesia, lottando per i matrimoni tra  persone dello stesso sesso o nella difesa dell’ambiente, piuttosto che ad assicurare la creazione di nuovi lavori che assicurino una vita dignitosa.

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