Tangenti al Miur, Giovanna Boda condannata a due anni e due mesi di carcere

L’ex capo dipartimento del ministero dell’Istruzione ritenuta responsabile delle accuse mosse dalla procura di Roma nell’ambito del processo con rito abbreviato sugli appalti illeciti.

È stata condannata a 2 anni e due mesi di carcere l’ex capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda al termine del processo svolto con rito abbreviato nell’indagine su illeciti negli appalti al Miur. Nei suoi confronti l’accusa è di corruzione per un atto contrario al dovere di ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio. Il giudice ha disposto un’altra condanna a 3 anni e 4 mesi, come chiesto dal pm Carlo Villani, e tre assoluzioni, con la formula perché “il fatto non sussiste” e per “non aver commesso il fatto”.

Il pm nella sua requisitoria aveva valutato la collaborazione data da Boda alle indagini, sottolineando come l’ex funzionaria sia stata “offuscata dal potere che l’ha portata a un delirio di onnipotenza”. L’ex funzionaria del Miur nell’aprile del 2021 aveva tentato anche il suicidio gettandosi dal secondo piano di un palazzo di Roma dopo la diffusione della notizia sulla sua iscrizione nel registro degli indagati per corruzione.

Nell’ambito della stessa inchiesta, condotta dalle Fiamme Gialle, è già aperto il processo in rito ordinario che vede imputato l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco (ex editore dell’agenzia di stampa DIRE) e altre 8 persone. Le contestazioni per Boda e per l’imprenditore sono di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio delle funzioni, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Secondo l’accusa, Boda, incaricata della realizzazione delle procedure per selezionare progetti scolastici, “aveva ricevuto indebitamente la dazione e la promessa delle somme di denaro e delle utilità per sé e per terzi per un totale di oltre 3,2 milioni di euro per l’esercizio delle sue funzioni e/o dei suoi poteri nonché per il compimento di una pluralità di atti contrari ai doveri di ufficio” da Bianchi Di Castelbianco.

Nell’atto di accusa i pm contestano a Boda anche di aver rivelato a Bianchi di Castelbianco “notizie d’ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete. In particolare, anticipava via e-mail all’imprenditore prima della sua pubblicazione, la bozza del bando per il finanziamento di progetti scolastici per il contrasto della povertà educativa, e invitava e lo faceva partecipare a riunioni tenutesi presso il Ministero nelle quali si doveva decidere la ripartizione dei finanziamenti alle scuole a valere sulla Legge n. 440/1997, demandando anche allo stesso imprenditore la decisione finale su tale suddivisione”.

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