Studiare Farmacia – All’università si sta cercando di creare non un farmacista, ma un esperto del farmaco – il prof Memo

Corriereuniv.it in occasione del lancio delle guide digitali di orientamento, studiate per gli studenti in tempo di Covid ha intervistato Maurizio Memo.

Docente di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Brescia. Fondatore e Presidente del Gruppo Italiano di Neurobiologia Molecolare.

Quali competenze di entrata sono necessarie per lo studio del corso di laurea magistrale in Farmacia?

Si tratta di un corso prettamente scientifico, ma per tutte le materie (chimica, biologia, statistica, biologia vegetale) si parte da livelli base. Anche se si hanno delle lacune, tutto diventa recuperabile, anche materie come matematica, statistica, o lingue.  In senso generale, le università possiedono dei canali di recupero che permettono di poter affrontare il corso. Tuttavia è fondamentale avere curiosità. Non si prendono questi corsi pensando in modo tradizionale, rutinario, è bene essere guidati da uno spirito di creazione, di innovazione. Un desiderio di ricerca.

Quali sono le principali differenze con il corso in Chimica e tecnologie farmaceutiche?

Questo tipo di differenziazione nasce da una personalizzazione dei corsi che risale a un tempo lontano quando effettivamente i due corsi presentavano delle caratteristiche molto diverse. Con il tempo è avvenuto un processo di equiparazione e, attualmente, diventa complicato caratterizzarli in modo nettamente distinto. È in corso una riflessione sul mantenere separati i due corsi o piuttosto attivare un corso unico con una differenziazione di indirizzo negli ultimi due anni, ma qui entriamo in un campo decisionale soggettivo.

Il ruolo delle farmacie è cambiato rispetto al passato?

Oggi le farmacie hanno un significato molto diverso, c’è un coinvolgimento medico e sanitario che prima non c’era. Non si tratta solo di lavorare all’interno di una farmacia territoriale. Lo studio di farmacia fornisce competenze sul farmaco che si concretizza in una professione che può operare in centri di ricerca, industrie farmaceutiche. Chi lo desidera potrebbe dar sfogo ad un’ambizione imprenditoriale nel mondo della chimica, della nutraceutica*, della cosmetica, così come in tante soluzioni professionali che richiedono competenze sul farmaco. Non si tratta solo di ideazione realizzazione del farmaco, ma anche di promozione del farmaco, dello studio dell’effetto del farmaco su grandi numeri, del coinvolgimento delle istituzioni sanitarie che si occupano di farmaci. All’università si sta cercando di creare non un farmacista, ma un esperto del farmaco. 

Potrebbe spiegarci in breve di che cosa si occupa la Farmacologia? 

Studia come nasce il farmaco, come si conserva, come si distribuisce, la confezione, il sistema di produzione, l’aspetto normativo, controllo di qualità della distribuzione, consulenza informativa del farmaco a medici, a chi è indirizzato. Tutti questi elementi vanno controllati e certificati. Il prodotto va seguito, bisogna controllarne l’evoluzione. L’individuo instaura quasi un rapporto affettivo con il farmaco. Spesso si ha un netto rifiuto se non serve (“Io non prendo mai medicinali”) o un desiderio assoluto, come quello generato dall’emergenza pandemica. Un desiderio assoluto che un farmaco possa risolvere un problema. Ci sono persone che “coltivano” questo rapporto affettivo, tenendo in tasca dei farmaci, e quasi non vedendo l’ora di avere un motivo per poterne prendere uno. Gli antidolorifici, in primo luogo. 

Quali sono i principali campi di ricerca nel settore farmacologico?

Si tratta di campi diversi, con ottime potenzialità. La neurofarmacologia per esempio è un settore in grande evoluzione che tocca aspetti non solo medici o clinici, ma l’intera società. L’invecchiamento e le patologie croniche ad esso collegate, rappresentano una questione sociale. Altri campi di ricerca come accennavo prima, sono la nutraceutica, lo sviluppo di farmaci biotecnologici, pensiamo, ad un tema molto attuale come i vaccini. In un prossimo futuro, probabilmente anche le farmacie territoriali potranno assumere un ruolo di primo piano come laboratori di analisi, come strutture decentrate, rispetto all’ospedale. 

Il cosiddetto Drug discovery and development  – processo di scoperta e sviluppo di un nuovo farmaco – deve essere realizzato da chi sa che cosa significhi fare un farmaco con le competenze adeguate. Consideriamo la chimica, ad esempio, oggi la chimica è di tipo computazionale, si simulano le interazioni chimiche in maniera virtuale ed è questo che bisogna conoscere. 

Una parola di augurio alle future matricole?

Di mettersi in gioco, in prima persona, e dimenticare tutto il resto; rifuggire dai condizionamenti, fare tabula rasa, mollare tutto, per costruirsi e buttarsi in un’avventura.

*  Nutraceutica, neologismo sincratico dei termini nutrizione e farmaceutica, studia l’azione benefica e terapeutica degli alimenti sulla nostra salute, attraverso la ricerca biomolecolare dei principi nutritivi attivi nel cibo, così da produrre farmaci ed integratori.

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