In fondo è sempre stato il sogno di ogni gamer: essere pagati per giocare. Se ormai quella che negli anni Novanta poteva essere soltanto un’utopia, oggi è diventata realtà. Infatti sono centinaia i top gamer, spesso giovanissimi, che guadagnano quasi quanto un calciatore per un passatempo che è diventato un vero e proprio lavoro. Ma oggi c’è di più. per un comparto, quello videoludico diventato negli anni una vera e propria macchina per soldi. Stiamo parlando dell’Università.
Proprio così, essere bravi video giocatori, almeno negli Stati Uniti, vi darà l’accesso a prestigiose università alla stregua dei giocatori di basket o baseball. Ora i college più esclusivi offrono rette facilitate anche a chi si distingue nei cosiddetti «eSport», che ormai contano squadre, campionati e pure un’associazione di categoria (NACE, National Association of Collegiate Esports).
Il primo ateneo a offrire borse di studio di questo tipo è stata la Robert Morris University, in Illinois, ma oggi lo fa pure, per esempio, la University of California, a Irvine, dove sono previsti allenamenti settimanali di 15-20 ore, con partite online, incontri per studiare nuove strategie e sedute con lo psicologo sportivo.
Come al solito dietro ci sono considerazioni pratiche, più economiche che sociologiche: a detta del Washington Post, il DOTA International Championshipl’anno scorso vantava un monte premi di 25 milioni di dollari, come dire, meno di Wimbledon (38,4 milioni di euro), ma più dello US Open di golf (10,5 milioni di euro) e del Tour de France (2,3 milioni di euro).
Gli eSport sono poi un buon sistema per avere più dimestichezza nel coding, nella computer graphic, nel design e nell’animazione, tutte professionalità comunque oggi molto richieste nel mercato del lavoro.
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