Una delle conseguenze dirette della cosiddetta didattica a distanza messa in atto, dal giorno alla mattina, dal Ministero dell’Istruzione, causa Carogna-Virus, e realizzata grazie alle incontestabili capacità acrobatiche di noi insegnanti e allievi italiani, è la fine di quella che potremmo chiamare la didattica del controllo e della misurazione obiettiva.
Come si fa – in assenza di controllo fisico in presenza, con gli allievi lontani da noi insegnanti, o al massimo acquattati dietro un minuscolo schermo – ad essere sicuri che non copino, che non stiano leggendo dagli appunti durante l’interrogazione, o che quel determinato esercizio non gli sia stato risolto dal fratello maggiore, o da un genitore? Fatti i conti anche col digital divide immenso che separa noi vecchi adulti dai nostri giovani, la lotta appare evidentemente impari.
La scuola e i nostri allievi fuggono a gambe levate dalla didattica basata sul controllo e sulla misurazione obiettiva. E noi non siamo in grado di riacchiapparli e di riportarli nel recinto.
La faccenda ha un impatto comprensibilmente devastante su una scuola che da anni annega in oceani di griglie, nel tentativo, tanto nobile quanto inutile e ormai stucchevole, di misurare ogni competenza quantitativamente, numericamente e dunque, si sostiene, obiettivamente.
Il tentativo, invero timido, del Ministero, con la Nota 388, di incoraggiare i docenti italiani a valutare in modo diverso (sostanzialmente lasciandoli liberi di fare la qualsiasi, a patto che non sia punitiva nei confronti degli allievi, visto l’incubo di migliaia di ricorsi) li ha resi, ci ha resi, se possibile ancora più furiosi, ovviamente. Dopo il danno, la beffa.
Dunque la parola d’ordine è diventata: tutto, ma non il 6 politico. L’ha detto esplicitamente e prudenzialmente, tra un ringraziamento e l’altro, anche la ministra Azzolina. Quello mai. Tutti promossi no. Non sarebbe equo.
Ma, pensateci un po’ su, sarebbe davvero così scandaloso che in una situazione grave come questa si promuovessero tutti? Sarebbe davvero così vergognoso alleviare del carico della valutazione numerica, dell’ansia del risultato, ragazzi già messi così duramente sotto stress da tutto ciò che sta accadendo a un mondo che è, e soprattutto sarà, di loro proprietà, visto che sono il futuro?
Sarebbe davvero uno scandalo così vergognoso promuovere tutti, sostituendo i voti con dei giudizi personalizzati, pur continuando, ostinatamente, ognuno come può e come sa, la didattica a distanza, quindi la relazione e la riflessione, ma rimandando all’anno prossimo ogni valutazione e ogni misurazione ‘obiettiva’ (come se poi davvero ce ne fosse una) e risolvendo anche la faccenda degli esami con l’abolizione di quelli della scuola media (che hanno percentuali di negatività infinitesime) e la limitazione di quelli della secondaria superiore a una semplice tesina interdisciplinare valutata dagli insegnanti interni?
Non sarà che a spaventarci è la possibilità che una didattica svincolata dai meccanismi dell’obbligatorietà e del controllo, dal messaggio pavloviano premio-punizione, che poi si consustanziano in un numero, in un debito, in un credito, quasi fosse il bilancio di un’azienda, alla fine, a epidemia passata, dia risultati relativamente migliori?
Io qualche dubbio ce l’ho, mi mancano i miei allievi e la didattica in presenza, ma, via conference call, svincolato dai programmi, dalla necessità di rappresentare ogni giorno la figura di colui che giudica e condanna o assolve, senza che loro siano pressati dai risultati, ma liberi infine di conversare, di scambiarci stimoli, di discutere, sto con loro scoprendo una libertà nuova, una nuova relazione, che non mancherò di portare con me anche quando, alla fine, mi ridaranno ciò che è essenziale per qualsiasi didattica, e cioè un’aula vera.
E se cogliessimo l’occasione del Carogna-Virus per ‘descolarizzare’ la società?