Quarantene volontarie suggerite a scopo precauzionale per gli alunni che sono tornati dalla Cina. Ma di quali studenti parliamo? Nell’ultima disposizione diramata dal ministero della Salute il riferimento è puntuale, scritto nero su bianco: «La circolare riguarda i bambini che frequentano i servizi educativi dell’infanzia e gli studenti, fino alla scuola secondaria di II grado». E gli altri? Gli universitari che fine fanno nei giorni dell’epidemia del coronavirus che ha piegato la Cina? Loro a quale categoria appartengono? Come bisogna gestire gli appelli degli esami, le lezioni obbligatorie? Verrebbe da domandarsi – e più di un Rettore lo sta facendo – non sono anche loro studenti? E dunque: perché le stesse disposizioni, suggerite per chi frequenta una scuola elementare o media o un liceo o istituto professionale, non sono state previste anche per coloro i quali – e sono tanti – riempiono un’aula universitaria?
Nei prossimi giorni potrebbero arrivare ulteriori correttivi alle disposizioni ministeriali che invece di tranquillizzare stanno agitando i dirigenti scolastici, piegati dall’impossibilità di censire con precisione quanti sono gli alunni partiti e poi tornati dalla Cina, fatta esclusione per quelli che rientrano in programmi culturali o progetti come Intercultura. «Non è solo una questione di privacy – spiega la dirigente del liceo Pilo Albertelli di Roma Antonella Corea – ma se l’alunno è rimasto in classe ed è partito la madre o il padre o il fratello non potremmo mai avere la certezza che la famiglia ce lo venga a comunicare».
Per quanto riguarda gli atenei d’Italia – ma anche gli Istituti di alta formazione artistica e musicale o gli enti di ricerca – ad oggi permane la disposizione ministeriale del primo febbraio trasmessa a ogni Rettore e accompagnata da una missiva del ministro dell’Università Gaetano Manfredi: «Come certamente saprete, in questi giorni c’è gran apprensione per il diffondersi del cosiddetto coronavirus. Se di certo la situazione non richiede sterili allarmismi, è altrettanto certo che è importante per tutti noi essere correttamente informati. Raccomandiamo dunque a tutti di seguire la situazione e di ascoltare le indicazioni fornite dagli esperti tramite canali ufficiali». Bene, ma come ci si deve comportare con chi è rientrato dalla Cina? Particolari protocolli con le direzioni delle Asl non sono pervenuti né è stato chiesto – formalmente – ai Rettori il novero degli studenti in transito e la possibilità di suggerire loro la quarantena. Certo, potrebbe obiettare qualcuno: si tratta di maggiorenni, persone adulte che sanno capire, eventualmente, se restare a casa dopo un viaggio in Cina oppure no. Ma la situazione sta comunque generando uno squilibrio.
«Ogni Ateneo – fanno sapere dalla Crui, la Conferenza dei Rettori delle università italiane – si sta organizzando autonomamente». E così accade per esempio che a Firenze, come è emerso nei giorni scorsi, al Design campus è stato spostato dal 28 gennaio al 18 febbraio l’appello di un esame per gli studenti rientrati dopo il 10 gennaio dalla Cina mentre si invitavano coloro i quali facevano ritorno da Wuhan a non presentarsi. Scrupolo eccessivo o utile decisione? Il docente che ha imposto questa quarantena è stato subissato dalle critiche. Al campus della Bocconi di Milano è stata prevista la presenza permanente di un assistente socio-sanitario nell’infermeria oltre all’istallazione negli ambienti comuni di distributori di gel disinfettanti per le mani.
Al conservatorio di Como, invece, tacciato di aver vietato la frequenza ad alcuni studenti (in particolar modo cinesi) la direzione ha concordato con tre alunni (uno cinese e due italiani) rientrati dalla Cina una quarantena di 14 giorni e il seguente recupero delle lezioni. Ma anche in questo caso la polemica non è mancata. Alla Sapienza sono stati annullati tutti i viaggi previsti nei prossimi mesi ed è stato cancellato il conferimento del Dottorato honoris causa per il Rettore dell’università di Wuhan previsto per fine febbraio.
Intanto, tornando alla scuola, i presidi ribadiscono la perplessità sulle ultime disposizioni ministeriali. «Mi sarei aspettata un approccio diverso – commenta la dirigente di un istituto tecnico superiore del Prenestino (periferia Est di Roma) – con le Asl che, elenchi alla mano di chi ha viaggiato da e per la Cina, fossero incaricate del compito di dire a noi presidi quali erano gli studenti a cui suggerire la quarantena e non il contrario». Di certo, pur in mancanza di un obbligo, tutti i ragazzi che ad esempio sono rientrati venerdì dalla Cina con il progetto Intercultura resteranno a casa nei prossimi giorni. «Abbiamo un’alunna – spiega la dirigente di un liceo di Tivoli – che è tornata e con la famiglia abbiamo convenuto sulla quarantena anche se sta bene, in questi giorni seguirà le lezioni via Skype».
ilmessaggero
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