Sapienza, quando il "pride" non s'ha da fare: protesta delle associazioni Lgbt

Incontri, laboratori, conferenze, per celebrare i 50 anni dei Moti di Stonewall, gli scontri tra omosessuali e polizia avvenuti a New York nel 1969, considerati il momento di nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo: ecco il senso della seconda edizione del festival Lgbtqia (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali, asessuali) organizzato da Link Sapienza, Prisma, Collettiva Lgbtqia, che doveva svolgersi nel campus della Sapienza. Ma che probabilmente non si terrà, almeno non con l’assenso dell’ateneo, che ha negato la richiesta di autorizzazione, sollevando un caso «politico». Per le associazioni, si tratta di una «repressione», una censura di un progetto presentato regolarmente per ottenere un finanziamento attraverso il bando per iniziative culturali e sociali organizzate dagli studenti. Mentre, secondo l’ateneo, il finanziamento al progetto, e quindi il via libera, è stato negato per mere questioni di regolamento: il tema scelto è troppo settoriale- diritti dei migranti e delle persone sieropositive con diversi orientamenti sessuali- e il titolo incomprensibile: in sostanza, per la policy dell’università bisognava cambiare semplicemente il titolo dell’evento e far sì che l’organizzazione dell’evento si allineasse con le esigenze della comunità studentesca. Tra le richieste, anche quella di non realizzare il laboratorio di Drag Queening. Obiettivo dichiarato: finanziare un evento, come prevede appunto il regolamento, che fosse interessante per la maggioranza degli studenti. Ma le richieste sono state spedite al mittente.
Diversa la versione degli studenti. «Stonewall, Festival LGBTQIA+ è strutturato in una serie di iniziative informative e di sensibilizzazione per liberare da pregiudizi e discriminazioni l’Università in cui viviamo. Si è scelto per questo di affrontare temi diversi, tutti legati a quelli dell’affettività e delle identità sessuali, andando oltre la questione della rivendicazione dei diritti, ma concentrando l’attenzione sul fatto che odio e discriminazioni, di cui sono vittime le persone LGBT+, sono in realtà profondamente legate e connesse con tutte le altre discriminazioni», spiega Susanna Chiulli, del collettivo Prisma. Secondo le associazioni, le modifiche richieste dall’ateneo cambierebbero profondamente lo scopo del Festival. «Ci sconforta che la nostra università veda come una settorializzazione discutere e collegare diversi tipi di oppressione», aggiunge Luna D’Andrea, Coordinatrice di Link Sapienza. Ma non sarebbe stato più semplice aderire alle modifiche e ottenere i finanziamenti? «Rifiutiamo l’ottica proposta, che vorrebbe ridurre la lotta del movimento LGBT+ solo ad un tentativo di conquista di diritti civili, e tantomeno accettiamo l’idea che questo aspetto sia l’unico considerato per la formazione di studenti e studentesse», replica D’Andrea. Cosa succede ora? Le associazioni sfileranno comunque venerdì 17 maggio dalle 15 per quello che hanno ribattezzato Sapienza Pride.

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