Riforma Its, i sindacati lanciano l’allarme: “Così si consegna la formazione ai privati”

La Cgil critica l’ok definitivo alla legge sugli istituti tecnici, che istituisce il Sistema terziario di istruzione tecnologica superiore. “Il pericolo è che le risorse utilizzate vadano solo nelle mani delle imprese”. Dubbi anche sull’impiego del personale docente con contratti di prestazione d’opera.

Una riforma che piace a molti ma non a tutti. Dopo l’ok definitivo della Camera alla legge sugli Its, arrivano le prime voci critiche e fuori dal coro. La prima è sicuramente quella della Cgil che parla di una riforma che consegna la formazione nelle mani dei privati.

 “La riforma approvata, caratterizzata da un ampio intervento normativo che prevede un’impegnativa fase attuativa, è deludente e in larga parte non condivisibile. La stessa adozione del termine ‘Its Accademy’ fa chiaramente riferimento a un modello che si è sviluppato in questi anni in alcuni territori, dove gli Istituti Tecnici Superiori sono stati inquadrati come mera struttura formativa al servizio di specifiche aziende e di determinate realtà produttive forti. Siamo ben lontani dall’idea di percorsi formativi strutturalmente coerenti con le politiche di sviluppo tecnologico del Paese” hanno tuonato il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari e il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli.

“È evidente – aggiungono – che l’eliminazione della scuola quale soggetto di riferimento indirizza tutto il provvedimento verso un’ulteriore privatizzazione di un pezzo rilevante del sistema formativo, con la rinuncia a una complessiva dimensione nazionale. Inoltre, le risorse stanziate nella legge sono davvero scarse (poco più di 48 milioni annui)”.  

Problemi anche sul fronte dell’impiego del personale, sia docente che amministrativo e tecnico. “Giudichiamo negativo il fatto che si preveda che tutto il personale sia assunto con contratti di prestazione d’opera. È davvero difficile ipotizzare il consolidamento di questo sistema terziario senza prevedere per lo meno la stabilità del personale tecnico e amministrativo come da noi richiesto. C’è così il rischio che le cospicue risorse del Pnrr, 1,5 mld fino al 2026, si trasformino in ulteriori incentivi alle imprese, e non in un’opportunità di crescita formativa e culturale delle ragazze e dei ragazzi”.

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