Respirò amianto a scuola, Ministero condannato a pagare quasi 1 milione di euro per la prof morta di tumore

La Corte di Appello di Bologna ha respinto il ricorso del Miur che era stato condannato a pagare 930mila euro come risarcimento per non aver rimosso la fibra killer dall’istituto dove aveva insegnato la docente per quasi 10 anni.

La Corte d’Appello di Bologna ha respinto il ricorso del Ministero dell’Istruzione contro la sentenza che lo condannava al pagamento di 930mila euro di risarcimento a favore dei figli della professoressa Olga Mariasofia D’Emilio, morta il 21 febbraio 2017 a causa di un mesotelioma per l’esposizione all’amianto. La docente aveva lavorato alle dipendenze del Ministero nella scuola media “Farini” di Bologna tra il 1981 e il 1990. All’interno della struttura, spiega l’Osservatorio nazionale amianto, è stata dimostrata la presenza della fibra killer dove, a respirarla, “non c’era solo la docente, ma i suoi colleghi, e anche tantissimi ragazzi”.

La battaglia dei figli

Consapevole della sua esposizione, l’insegnante aveva ottenuto dall’Inail il riconoscimento di malattia professionale. Nel 2007, poi, aveva iniziato la procedura giudiziaria per ottenere il risarcimento danni ma, solo dopo la sua morte, i figli hanno vinto la causa contro il Ministero per non aver rimosso l’amianto dalla struttura.

Anche studenti esposti

“L’amianto nelle scuole è una vergogna per un paese civile, circa 356mila studenti sono ancora esposti ad un materiale che provoca patologie come l’asbestosi, malattia polmonare cronica, e il mesotelioma, tumore che colpisce il tessuto sottile che riveste gli organi interni – dice l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona – a questa cifra si aggiungono altre 50mila persone tra docenti e personale scolastico. Alcune regioni e città stanno provvedendo alle bonifiche ma non c’è un piano coordinato, né vengono stanziati finanziamenti adeguati”.

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