Poletti: "Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21"

“Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21”, a dirlo è il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ieri, durante un incontro con gli studenti e i ragazzi intervenuti al salone d’orientamento Job&Orienta di Verona. Immediate le reazioni di giovani laureati e non, soprattutto via social network.
“I nostri giovani – ha precisato poi il ministro – arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo”.
Il ministro Poletti, che, per la cronaca, è uno dei tre ministri dell’attuale Governo senza laurea, ha poi spiegato come le differenze con altri paesi condannino i giovai italiani a una concorrenza impossibile da sostenere: la durata del liceo più corta in Inghilterra o Stati Uniti, quella della laurea che, secondo il ministro, consente ai neolaureati quinquennali italiani di conseguire un titolo di studi equiparato a quello triennale inglese, e la cronica dilatazione dei tempi per il conseguimento della stessa, spiegato da Poletti con l’ostinata ricerca di voti più alti: “Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più – ha chiarito il ministro – si butta via del tempo che vale molto, molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, ma non serve a niente”.
E sarebbe il tempo, secondo il ministro, il principale ostacolo nell’approcciarsi al mondo lavorativo dei giovani italiani: “In Italia – ha spiegato Poletti – abbiamo un problema gigantesco: è il tempo. Il voto è importante solo perché fotografa un piccolo pezzo di quello che siamo; bisogna che rovesciamo radicalmente questo criterio, ci vuole un cambio di cultura”.
Una risposta possibile, allora, diventa l’alternanza scuola – lavoro, punto cardine della riforma della scuola del Governo renzi: “Abbiamo cercato di introdurla per produrre esperienza, per mettere le competenze formative e didattiche che la nostra scuola produce con competenze specifiche e con modi di essere e saper essere – ha spiegato Poletti – Oggi, un’azienda che si mette in relazione con un giovane, la prima cosa che vuol capire non è cosa sappia ma chi sia e questo non si impara solo dentro un’aula. Per questo l’alternanza è decisiva, consente di fare esperienza, conoscere, mettersi in relazione e valutare meglio le nostre attitudini. Perché il lavoro è una parte essenziale nostra esistenza”.
 

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