Parte da Bologna la crociata contro i test online per entrare all’università: “Troppe anomalie. Torniamo a quelli in presenza”

L’Alma Mater dal prossimo anno accademico permetterà l’iscrizione ai corsi a numero programmato solo a chi svolgerà i test dal vivo. “Punteggi più alti per chi li svolgeva da casa. Così non va”.

I test da casa per l’accesso alle facoltà a numero programmato hanno i giorni contati. A lanciare la crociata contro lo strumento utilizzato durante la pandemia Covid-19, e che è diventata prassi per molte università anche dopo la fine della pandemia, è il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari.

In un’intervista al quotidiano La Repubblica, il rettore dell’Alma Mater ha annunciato che dal prossimo anno accademico chi vorrà iscriversi a uno dei corsi di laure dell’ateneo che prevede un test di ingresso dovrà svolgerlo necessariamente in presenza. “La modalità a distanza è stata introdotta per necessità durante i lockdown dovuti alla pandemia, ma è stata mantenuta anche dopo – ha spiegato il rettore Molari – Un doppio canale di selezione, da casa o in aula, per noi sbagliato. Il motivo è che abbiamo notato che i punteggi di chi sosteneva i test a distanza erano mediamente più alti dei test di chi si presentava nelle aule, anche di 4-5 punti, per esempio, per il Tolc di Ingegneria”.

Quindi significa che chi sceglie di fare il test da casa ha più opportunità di copiare? Il rettore dell’Alma Mater non ha certezze ma davvero pochi dubbi. “Lascio ad altri le conclusioni, mi limito a dire che non è normale questa differenza – aggiunge Molari – Non solo, lo scorso anno abbiamo riscontrato anche tante prove irregolari. Troppe. Abbiamo annullato l’ammissione a più di 200 studenti che avevano fatto il test da casa per irregolarità. Da qui la scelta, per me doverosa, per il prossimo anno accademico: accettiamo solo studenti che faranno test in presenza. Quello che chiedo per chi vuole studiare all’Alma Mater è una garanzia di serietà ed equità. È nostro dovere assicurare selezioni improntate a qualità e parità di trattamento, altrimenti togliamo i numeri chiusi. Mi piacerebbe veder convergere molti altri Atenei su questa scelta, per ora siamo i soli”.

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