Un 70enne che viaggiava su un Frecciarossa da Roma a Milano nel pomeriggio di mercoledì ha avuto una sincope e solo grazie al massaggio cardiaco di una dottoressa specializzanda di 25 anni è riuscito a rinvenire ed è stato evitato il peggio. Fortuna direbbe qualcuno, caso o destino qualcun altro, fatto è che Ines Carrato, specializzanda in medicina d’urgenza presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, è intervenuta benché con l’uomo ci fossero già due medici: un neurologo e uno di base. “Il paziente era di fronte a me – racconta a Corriereuniv.it – stava già in uno stato confusionale e di agitazione, ha chiuso gli occhi ed è scivolato sul pavimento perdendo praticamente tutti i sensi, quello che noi in medicina chiamiamo “Sincope”. Ho iniziato a fare il massaggio cardiaco perché l’ho ritenuta la scelta opportuna, dopo qualche secondo di massaggio è rinsavito, ha recuperato subito”.
Una manovra letteralmente salvavita, in quanto il passeggero ha subito ripreso conoscenza ed è stato poi affidato alle cure di un’ambulanza accorsa alla stazione di Firenze Campo di Marte, dove il treno è stato eccezionalmente fatto fermare. Da lì è stato infine condotto al pronto soccorso più vicino e dichiarato fuori pericolo. Un evento per cui è necessario sangue freddo. Dopo il soccorso l’uomo le ha detto: “Non so come ringraziarti, questa tua botta al cuore l’ho proprio sentita tanto”. “Per me è stata un’emozione fortissima da specializzanda. Io ero più emozionata di lui!”. E pensare che Ines non sarebbe neanche dovuta essere lì: “Inizialmente avrei dovuto prendere il Frecciarossa successivo, quello delle 19.45. Fortuna però ha voluto che terminassi il turno prima del previsto, così abbiamo cambiato i biglietti all’ultimo minuto in stazione. Evidentemente le cose quando devono succedere, succedono. Sono proprio contenta e non lo dimenticherò mai”.
In Italia mancano medici di medicina d’urgenza
“Più che i medici mancano le categorie di medici in Italia – afferma Ines – soprattutto i medici di pronto soccorso, perché si sa, il pronto soccorso “non dorme mai”, è lì ventiquattro ore su ventiquattro per prestare aiuto al prossimo. Molti colleghi, che in parte capisco, preferiscono avere una vita più dignitosa, con ritmi di lavoro meno stressanti e con stipendi più redditizi. Ed è un peccato per i pazienti che in molte occasioni non possono essere assistiti per carenza di personale”. E alla domanda sul perché abbia scelto questa specializzazione risponde: “Sono innamorata di questa professione, credo ancora che la figura del medico esiste e che non basti internet per diagnosticarsi un cancro. E so che qualcuno lì fuori potrebbe avere bisogno di noi medici urgentisti. Se lo farò per tutta la vita o se sia la scelta giusta, me lo chiedo ogni giorno. E mi capita di non voler provare il fuoco che mi brucia quando visito un paziente o quado mi siedo sul lettino per parlare con lui/lei”.
Molti laureati se ne vanno, una percentuale di studenti che se lo possono permettere iniziano gli studi direttamente fuori dall’Italia. “Questo è il paese che mi ha cresciuta, mi ha fatto diventare medico e per questo gliene sarà sempre grata, sebbene ripone più speranza e fiducia nel mondo calcistico che in quello ospedaliero. Non so se andrò via, credo e confido in un futuro migliore: anche gli altri paesi hanno i loro problemi. A mio parere il segreto è provare ad essere lucidi e sognatori allo stesso tempo, così da trovare la propria America in Italia”.
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