In occasione dell’uscita del libro Equilibri di genere in Europa di Marisa Ferrari e Mariella Nocenzi, GIO-Osservatorio Interuniversitario sugli studi di genere, parità e pari opportunità, presieduto dalla Prof.ssa Francesca Brezzi, docente di Filosofia morale presso l’Università Roma Tre, si è fatto promotore del seminario sulla presenza femminile nella società italiana ed europea.
Flessibilità-precarietà lavorativa, revisione del part time, riforma degli ammortizzatori sociali, sostegni sociali per la famiglia, tra i temi emersi durante il dibattito in “rosa”.
I dati, presentati da Linda Laura Sabbadini, Direttore Generale Istat, mostrano come la condizione lavorativa della donna italiana sia a livelli inferiori rispetto alla media europea, evidenziando una situazione di squilibri nella diversità di genere.
Inoltre, aumenta il numero delle persone che non cercano più lavoro (generazione né né, né studio, né lavoro); vale a dire inattivi, non per mancanza di volontà, ma di incentivi, soprattutto al Sud. Si rivela così un intricato bagaglio di contraddizioni di una società in crisi.
Le donne entrano nel mondo del lavoro più tardi, anche le stesse laureate. Ma la vera forbice è tra chi studia e chi non ha un titolo di studio, specie nel sud dove i problemi strutturali del paese si riflettano sulla condizione femminile, in modo ancora più pervasivo, rispetto al resto di Italia.
La famiglia, risulta essere un fattore di criticità per il lavoro. Se la disoccupazione femminile è al 12% con i figli, può arrivare a un 20%. I servizi sociali non contribuiscono a supportare le famiglie. Gli asili privati costituiscono una sfera privilegiata e la rete di aiuto informale (i nonni) rappresenta il supporto sociale familiare, sebbene il ruolo dei “nonni sitter” stia leggermente sfumando rispetto al passato.
Lea Battistoni, assessora uscente alle Politiche Giovanili della Regione Lazio, sottolinea come la diminuzione dell’occupazione e l’aumento del lavoro nero, esprima l’urgenza di misure rapide per la riforma degli ammortizzatori sociali, senza i quali la cultura lavorativa non può progredire. Si rinsaldano i garantiti e si amplia la fascia dei precari (20-35/40 anni).
La precarietà professionale non ha generi. In Italia si è importato solo in parte il concetto di flessibilità lavorativa. In Belgio, per esempio, esistono solo contratti a tempo indeterminato, sebbene suscettibili di licenziamento.
Un corretto sistema di sostegni per le fasi di transizione, in cui si fornisce la formazione per migliorare le competenze, contribuisce ad aumentare le possibilità di trovare lavoro.
E’ necessario rivedere i modelli di intervento nel mercato del lavoro e dell’organizzazione, utili sia a uomini che a donne. Fondamentale la ricostruzione del legame con l’Europa. Basti pensare al sostegno del Fondo Sociale Europeo per la formazione e le opportunità di lavoro.
Il lavoro femminile come ogni diritto del cittadino, è in parte tutelato dalla legislazione, afferma Lella Golfo della Fondazione Belisario che ci rammenta la legge 215: “Azioni positive per l’imprenditoria femminile” prevede facilitazioni per le imprese “in rosa”, in vigore dal 2001. E il congedo parentale? Perché solo una piccola percentuale di uomini ne usufruisce?
Francesca Brezzi nota come il libro ci inviti alla realizzazione di prassi diverse, a un nuovo ehtos, una presenza femminile a 360°. E’ necessario sfatare certi stereotipi, il tempo delle donne continua ad essere “penalizzato”, conteso tra lavoro e vita privata.
Si impone una riflessione delle donne su se stesse che chiedono il riconoscimento della differenza, non della parità. E la tanto invocata flessibilità, rappresenta un’ opportunità se vissuta in un contesto socio-lavorativo adeguato, con tempi e modi flessibili, altrimenti si trasforma in una condizione esistenziale cronica e pertanto patologica.
Nelle stesse università si ripropone il modello socio-lavorativo che vige in gran parte dei settori professionali: le donne si laureano presto a pieni voti, ma più si sale nei vertici professionali, più la presenza femminile tende a svanire, continua la prof.ssa Brezzi.
“L’Europa è la nostra salvezza; uniti nella diversità per il riconoscimento della differenza. Non va dimenticato che il movimento femminista aprì le porte a ogni forma di riconoscimento della differenza, ” continua il presidente di GIO.
Riforme sociali e strutturali del paese costituiscono la via per uscire da un contesto lavorativo rigido. Volano per indirizzarci verso una società di “pari opportunità” in senso lato.
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