Lo scandalo dei rimborsi milionari che ha spinto il rettore dell’Università di Messina Salvatore Cuzzocrea, con conseguente passaggio anche della poltrona da capo della Conferenza dei Rettori (Crui), ha nuovamente messo sotto i riflettori un sistema, quello dello strapotere dei vertici delle università in Italia.
Il caso Cuzzocrea
La storia accademica dell’ex rettore messinese è esplicativa di ciò che può avvenire anche in un Ateneo di modeste dimensioni. La prima riguarda le indennità. Cuzzocrea venne eletto rettore nel marzo 2018 e poco dopo la sua indennità crebbe, fino al 2019, del 30% passando da 21.167 euro fino a 30.119 euro. Insieme ad essa crebbero anche i rimborsi per le missioni: stando alla sua dichiarazione dei redditi, i rimborsi salgono da 4608 euro del 2019 fino a 11687 nel 2020, scendono a 7119 nel 2021 e risalgono a 17.640,79 nel 2022. Nel frattempo Cuzzocrea, anche da rettore, viene pagato per consulenze da società private. La Medivis gli corrisponde 16mila euro nel 2020, la Devintec Sagl 10mila euro lordi per due anni (2020 e 2021), la Depofarma gli corrisponde 8mila euro per consulenza occasionale, mentre la Fondazione istituto oncologico che gli riconosce 20mila euro lordi l’anno dal 2020 in poi. A queste si aggiungono la Indicon Srl per assistenza nelle attività di ricerca, nel progetto “Digital Health Policy: quali sfide e quali regolamenti” per il quale ottiene 2mila euro e la Sintalica S.r.l. che gli corrisponde 32mila euro.
Nel frattempo la sua attività di ricerca cresce a dismisura, tanto che i rimborsi lievitano soprattutto per “Materiali tecnico-specialistici non sanitari”: questa è la generica voce più ricorrente nella pagina dell’Ateneo messinese dedicata ai dati sui rimborsi. Solo nel marzo del 2022 l’università di Messina pubblica un rimborso con questa voce a nome del rettore per una somma complessiva di 57.090 euro, ma ci sono altre voci, come giornali, riviste, quote associative, organi istituzionali-rimborsi, servizi attività di rappresentanza, che sono lievitate fino a 2 milioni e 217 mila euro tra il 2019 e il 2023. I revisori dei conti dell’Ateneo di Messina sono ancora al lavoro per stilare una documentazione completa.
Il problema del reclutamento arriva da lontano
Le carriere nel mondo accademico dagli anni duemila sono passate da un sistema a concorsi nazionali per ordinari e associati ad un sistema con concorsi locali, gestiti sostanzialmente all’interno degli Atenei in nome all’autonomia universitaria. Va ricordato come il sistema di abilitazione nazionale dipenda dall’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, un ente nominato dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Senza tale abilitazione non si può partecipare ai concorsi. Sul sistema di valutazione più volte associazioni di docenti universitari come l’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) e quelle sindacali hanno ribadito come sia lì il problema principale del reclutamento. “L’Anvur va abolito perché corrisponde al commissariamento dell’Università e il controllo della Ricerca – afferma Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell’ANDU -. Perché non si dice che questa, insieme all’abolizione delle abilitazioni nazionali e dei concorsi locali, è l’unica cosa da fare? Il concorso deve essere nazionale e con il sorteggio puro delle commissioni. Il docente unico deve essere davvero unico senza che ci siano verifiche locali per avanzare economicamente con controlli e passaggi localistici”.
L’associazione ROARS ha evidenziato più volte come la ricerca “sia diventata una cosa quantitativa che non più vera ricerca”. Il problema, però, permane perché non vi è una reale alternativa se non un ritorno indietro alle commissioni nazionali che valutano i titoli e vanno a leggere le pubblicazioni dando un giudizio e non una contabilità spicciola a punti. Il “posto fisso” in un’università viene di fatto data dal barone di turno che riserva una posizione per il proprio, o i propri, discepoli attraverso favori di scambio tra docenti ordinari. Gioco di potere che parte fin dal dottorato post laurea e che costituisce la figura del precario accademico che dovrà sperare nel ben volere del proprio “maestro” per i passaggi successivi. Tale problematica è messa in risalto dal confronto con le università fuori i confini italiani dove ci sono altissime percentuali di ricercatori e docenti che non provengono da quell’ateneo o da quel Paese. Mentre in Italia la percentuale dei ricercatori non italiani è bassissima. “Per abolire i precari attuali l’unico metodo percorribile – continua Miraglia – è quello di fare un bando straordinario di almeno 45mila posti di ruolo. Questa è l’unica risposta, il resto è solo sopravvivenza e proroga dei precari e del precariato. E non basterebbe. Bisogna anche il nuovo reclutamento venga spogliato della cooptazione personale. Non si tratta di una nuova emergenza, ma di un’emergenza che dura da oltre trent’anni. Con l’attuale sistema di reclutamento e avanzamento nella carriera universitaria, basato sulla cooptazione personale, i ricercatori e professori sono legati l’uno all’altro, dal dottorato all’apice della carriera secondo una logica di subalternità culturale, accademica e umana”.
Lo strapotere dei rettori ai vertici delle università
Il potere sostanziale dei rettori deriva dal fatto che essi presiedono sia il Consiglio di Amministrazione che il Senato accademico. Quest’ultimo organismo dovrebbe equiparabile ad un organo legislativo. “In nessuna parte del mondo il capo del Governo presiede anche il Parlamento. Se si togliesse la possibilità al rettore di presiedere il Senato accademico e si desse ad esso maggiore potere decisionale, il potere del rettore si ridurrebbe drasticamente. Altrimenti in qualsiasi altra formula ci sarà sempre uno sbilanciamento a favore della figura del rettore”. Inoltre la Crui, cioè la Conferenza dei rettori, ha un ruolo di potere che amplifica quello dei singoli componenti. “La Crui ha avuto un ruolo pesantissimo – ha affermato Miraglia nella recente assemblea nazionale del Flc-Cgil – e ha accordi con Confindustria. Essa ha avuto sempre un ruolo negativo per il sistema nazionale universitario. Occorre costituire un organismo di autogoverno del sistema che si davvero rappresentativo di tutte le componenti”.
“La scienza è una cosa meravigliosa quando uno non ci si deve guadagnare da vivere. Solo quando non dobbiamo rendere conto a nessuno possiamo provare una vera soddisfazione nella ricerca scientifica“. Albert Einstein, 1951.
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