Nanoparticelle magnetiche capaci di effettuare contemporaneamente diagnosi e terapia, individuando le singole cellule tumorali: è la prospettiva ‘teranostica’ dischiusa da una ricerca congiunta delle Università di Milano, Pavia e Saragozza presentata oggi a Roma alla decima Conferenza internazionale sui materiali nanostrutturati (Nano 2010) di cui è chairman Dino Fiorani, direttore dell’Istituto di struttura della materia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ism-Cnr), insieme con Elisabetta Agostinelli, ricercatrice dell’Ism-Cnr, ed Enrico Traversa dell’Università di Tor Vergata.
Lo studio, già in parte testato in vivo, è stato condotto da Alessandro Lascialfari, ricercatore associato del Cnr e docente alle Università di Milano e di Pavia, e da Fernando Palacio dell’Istituto di scienza dei materiali dell’ateneo spagnolo. “Il nostro gruppo studia l’utilizzo in medicina di nanoparticelle magnetiche rivestite da un polimero come entità multifunzionali, cioè con la capacità di svolgere contemporaneamente un’azione diagnostica e terapeutica: la cosiddetta teranostica”, spiega Lascialfari.
“Le particelle magnetiche possono essere utilizzate come agenti di contrasto nella risonanza magnetica nucleare per aumentare il contrasto di immagine e consentire così una migliore rivelazione del tumore. Grazie alla risoluzione su scala cellulare, si prevede che nella prevenzione oncologica ulteriori sviluppi della tecnica di risonanza consentiranno l’individuazione del tumore quando questo si è sviluppato solo a livello di poche cellule, cosa impossibile con le attuali tecniche diagnostiche”.
Ma non solo. Per quanto riguarda la terapia, durante gli esperimenti effettuati le particelle magnetiche sono state utilizzate “per la ipertermia magnetica, tecnica basata sul riscaldamento mediante l’applicazione di un debole campo magnetico alternato di opportuna frequenza”, prosegue il ricercatore. “Le cellule tumorali, essendo molto più sensibili al calore di quelle sane, vengono distrutte quando si raggiunge una temperatura locale tra i 42 e i 47 °C. Le nostre ricerche hanno portato a controllare il calore trasferito alle cellule cancerose e a misurare, per ora in vitro, la temperatura al loro interno”.
Infine, “un opportuno rivestimento polimerico consente di ancorare alla particella dei medicinali, che possono essere rilasciati nel tempo”, conclude Lascialfari. “Queste particelle magnetiche, insomma, individuano la posizione delle cellule tumorali attaccandosi selettivamente ad esse, tramite anticorpi, monitorano la variazione di temperatura agendo da termometri locali e rilasciano localmente il farmaco in grado di debellare il tumore”.
La ricerca si avvale anche della collaborazione di altri partner europei ed italiani, come il Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (Instm), le università di Montpellier, Verona, Roma, Lecce e Pisa, il Centro di ricerche della ditta Colorobbia di Sovigliana.
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