Mit di Boston spiega il meccanismo in grado di rigenerare i pilastri dei ponti romani

Il calcestruzzo romano avrebbe nel suo mix delle “sacche di calce”, dei granelli che a contatto con l’acqua, riprenderebbero vita

Il MIT di Boston ha scoperto perché ponti e acquedotti romani sono ancora in piedi dopo duemila anni. Il segreto? Una formula a base di calce viva, disegnata nell’antica Roma, che permette al cemento di autoripararsi e ridurre le emissioni di CO2.

Padre della ricerca è Admir Masic, ex profugo bosniaco che ha studiato chimica in Italia, oggi professore associato di ingegneria civile e ambientale al Massachusetts Institute of Technology, l’università del pianeta più all’avanguardia nel campo della ricerca e nello sviluppo dei materiali. Dalle sue scoperte, brevettate dal MIT, è nato un calcestruzzo ispirato dagli antichi romani che si ripara da solo ed è sostenibile e una startup tutta italiana: DMAT.

Incontro con un italiano da vita ad una startup

Qualche anno fa, durante una cena a Boston, Masic incontra Paolo Sabatini, esperto di affari internazionali con un passato alle Nazione Unite e poi all’Expo di Milano, grande appassionato di innovazione e gli racconta delle sue ricerche. I due decidono di fare qualcosa insieme. Si chiedono: è possibile trasformare questa conoscenza in un prodotto utile per l’umanità? Dapprima creano un team di studio, fanno anni di ricerche e poi fondano DMAT, startup deeptech che sviluppa tecnologia e componenti per creare calcestruzzi durevoli e sostenibili.

L’autorevole rivista Science Advances ha pubblicato lo studio chimico-archeologico di Masic, confermandone la valenza scientifica. “Da oltre 5 anni col mio team al MIT studiamo il calcestruzzo romano, chiedendoci come mai strutture magnifiche come Pantheon, Colosseo, ma anche porti, acquedotti, ponti e terme siano sopravvissute fino ai tempi moderni, affrontando intemperie e incurie.

Con noi tanti altri centri nel mondo stavano cercando di capirlo. Cosi, dopo aver esaminato tutti gli elementi e processi, dal molecolare a quelli più macroscopici, abbiamo scoperto il procedimento usato dagli antichi alla base dalla durabilità di questi materiali” spiega Masic.

La miscela

“Si chiama Hot mixing, consiste nell’aggiungere alla miscela di calcestruzzo anche calce viva, che reagendo con l’acqua riscalda la miscela. Questo procedimento porta alla formazione di “granelli” di calce, che poi permettono l’autoriparazione. Funziona così: quando il calcestruzzo moderno si fessura, entrano acqua o umidità e la crepa si allarga e si propaga nella struttura. Con la nostra tecnologia, la fessura si autoripara. I granelli di calce, che sono stati inglobati nel calcestruzzo al momento della presa, con infiltrazione dell’acqua si sciolgono e forniscono gli ioni di calcio che ricristallizzano e riparano le crepe”.

Intanto Masic e Sabatini, insieme agli altri due founder Carlo Andrea Guatterini e al belga Nicolas Chanut, stanno sbarcando negli Stati uniti con una newco. “Il mercato del calcestruzzo vale circa 650 miliardi di euro. E i suoi processi produttivi sono tra I più impattanti del Pianeta. La sua filiera industriale è responsabile dell’8% delle emissioni di CO2. – continua Sabatini- Lavoriamo inseguendo due grandi obiettivi: aumentare la durabilità di questo materiale, diminuendo l’impatto ambientale. Grazie alla tecnologia che abbiamo sviluppato potremo creare prodotti che sono 50% più durevoli, con una riduzioni delle emissioni del 20%, a un prezzo più basso del 50% rispetto ai prodotti comparabili”. 

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