Milano, al liceo Einstein occupato per dormire ci si prenota online

La protesta durerà 4 giorni. Critiche anche alla poca attenzione per “edilizia e ambiente”. Tra le richieste la pedonalizzazione di via Einstein

Hanno deciso di occupare la loro scuola, il liceo scientifico Einstein, perché “l’unico modo tramite il quale gli studenti vengono ascoltati è attraverso gesti forti”, come l’occupazione appunto. “Vogliamo che la nostra voce arrivi a qualcuno e che non venga ignorata come accade da troppo tempo” spiegano gli studenti, che denunciano “scuole che cadono a pezzi, che valorizzano chi riesce a stare al passo con una società ultra competitiva ma tendono a dimenticare chi invece ha delle difficoltà, favorendo il disagio psicologico. Siamo stremati – proseguono – non accettiamo di essere schiacciati dalla scuola, che dovrebbe essere un luogo sereno e sicuro”.

L’Einstein è la settima scuola occupata a Milano dall’inizio dell’anno e raccoglie idealmente il testimone della protesta dal liceo classico Parini. Dopo un lungo colloquio con la preside, gli studenti hanno raggiunto l’accordo per una protesta di quattro giorni: oggi e domani le lezioni saranno interrotte e sostituite da assemblee e attività organizzate da loro, mercoledì e giovedì le lezioni riprenderanno, ma chi vorrà potrà continuare a frequentare le attività alternative. “L’obiettivo è uscire dall’occupazione con una lettera da inviare al ministero con le nostre richieste” spiegano i ragazzi, che si sono confrontati anche con la Digos e hanno organizzato la protesta in modo puntuale, con tanto di prenotazioni online per partecipare alle singole assemblee e per rimanere a dormire.

Proprio la notte sarà il momento più delicato. “Abbiamo organizzato un servizio d’ordine per garantire la sicurezza, resteremo in non più di 50 e consegneremo una lista dei presenti” aggiungono gli studenti, che si sono confrontati anche con i compagni delle scuole occupate nelle scorse settimane.

I motivi dell’occupazione

Molte delle motivazioni sono comuni: dalla critica a un modello di scuola “volto a valorizzare unicamente chi riesce a sostenere le aspettative, dimenticandosi di coloro che hanno delle difficoltà” a quella alla volontà del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, “di limitare qualsiasi manifestazione di dissenso e disagio”, alimentando “un clima repressivo e non costruttivo”. E il riferimento è anche “all’uso della violenza da parte della polizia contro studenti manifestanti, che solleva interrogativi sulla democrazia del nostro Paese. È preoccupante che alcune figure politiche, incluso la presidente del consiglio Giorgia Meloni, cerchino di giustificare tali azioni, mentre altri rimangono in silenzio”.

Sotto accusa anche la scarsa attenzione per l’emergenza ambientale – “viviamo nella zona più inquinata d’Europa, ma i governi non si sono mossi adeguatamente per risolverla” -, e il comportamento dello Stato “coinvolto nel genocidio dei palestinesi” attraverso “aziende che producono e vendono armi in Israele” e con il “continuo silenzio sulla questione palestinese. Chiediamo che i soldi destinati alla guerra possano essere investiti in ambito sociale: nell’istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture”.

Le motivazioni, espresse in un documento di quattro pagine, sono molto ampie: dalla richiesta di rivedere i percorsi dell’ex alternanza scuola lavoro ormai “obsoleti”, a quella di prevedere percorsi per “un’educazione alla sessualità e all’affettività, con le dovute precauzioni, già dalle scuole elementari”, per affrontare l’emergenza della violenza sulle donne.

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