“La Lega ha proposto di cancellare il numero chiuso a Medicina, seguendo la strada della Francia, così da consentire a tutti di mettersi alla prova”. Ad affermalo più volte nei giorni scorsi è stato il segretario Matteo Salvini, definendo la proposta “a costo zero”. A smentirlo subito è stata la ministra uscente Maria Cristina Messa: “Il sistema non è in grado di formare in maniera corretta i 60mila studenti che partecipano ogni anno al test”. Lega e 5Stelle avevano già proposto il modello francese nel 2018 durante il governo giallo-verde, sostanzialmente uno sbarramento al secondo anno di università aprendo le porte dei corsi a tutti.
Sbarramento “alla francese”
Ma gli studenti cosa ne pensano? Corriereuniv.it ha raggiunto la rappresentante degli specializzandi in Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (Cnsu), Silvia De Tomaso, per andare a fondo alla questione. “L’abolizione del numero chiuso è un tema che ricorre in ogni campagna elettorale. E ogni volta la classe specializzandi e studenti di medicina si dimostra contraria”. I motivi, come ha anche ricordato la ministra Messa nel suo intervento, sono le strutture di università e policlinici, inadatte a gestire gli oltre 60mila giovani che partecipano ogni anno ai test d’ingresso.
“Il modello francese è stato già messo in discussione in Francia – spiega De Tomaso – perché genera varie disuguaglianze sia tra atenei che tra studenti. Non deve essere dimenticato che sono diversi i fattori che influenzano la resa universitaria durante il prirmo anno che è spesso di assestamento. Inoltre – continua la specializzanda – in Italia non c’è uniformità nei programmi e nelle modalità di esame. Ciò si traduce in un dislivello tra gli studenti che si presenterebbero allo sbarramento il secondo anno di corso; senza contare il fattore del “protettore”, cioè quel docente che favorisce uno studente piuttosto che un altro, perché ad esempio è un fuorisede che si deve ambientare oppure perché non ha una famiglia che lo supporta rispetto a chi magari ha già dei medici in casa e così via”. Insomma il rischio, o la certezza, è che si faccia perdere un anno agli studenti. “Il fattore psicologico non viene mai preso in considerazione adeguatamente quando si fanno queste proposte”, dice De Tomaso.
Borse di specializzione
Un problema che è stato contestato al leader leghista è quello delle borse di specializzazione. “Non dimentichiamoci che il numero di medici specializzati, benché ci sia una sottostima, è tarato alle esigenze dello Stato, si creerebbe comunque un imbuto anche adeguando le borse di specializzazione al numero di studenti che terminano il percorso di studio”, sottolinea De Tomaso. Nel corso degli ultimi anni è aumentato il numero di borse di specializzazione “tanto che quest’anno dovrebbe esserci un rapporto decisamente migliore rispetto gli anni scorsi tra numero di borse e studenti che tentano il test di ingresso. Ma i risultati di questo aumento li avremo tra alcuni anni”.
Il Cnsu stesso sta costruendo la sua proposta per un modello più efficiente: “Stiamo lavorando a qualcosa che mantenga il numero chiuso ma che non contempli un modello che non funziona come quello francese, posso anticipare che l’idea non è tanto di ricercare un modello europeo di riferimento quanto creare un ibrido che tenga contro della nostra realtà italiana”.
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