“Sono morto nell’82. Come ricercatore non sono mai riuscito a far progredire la mia carriera!” così ha iniziato il suo intervento Antonio Serate ricercatore del corso di Laurea in odontoiatria alla Seconda Università degli Studi di Napoli durante il presidio organizzato presso il rettorato dell’ateneo campano. Un uomo di 65 anni che andrà in pensione ad ottobre a cui non sarà mai riconosciuta la sua posizione, che ha vissuto solo la costante condizione di precariato che vivono tuttora i ricercatori italiani.
Lo stato in cui versano i ricercatori italiani rischia di diventare ancora più problematico a causa del ddl Gelmini. Già nelle scorse settimane i ricercatori si erano, infatti, mobilitati attraverso l’occupazione di rettorati, sit-in, assemblee ed iniziative di sensibilizzazione organizzate in tutte le università fino ad arrivare alla sospensione della didattica. Niente più lezioni a titolo gratuito!
La situazione non cambia alla Federico II dove ricercatori, professori e studenti si sono riuniti presso la sede del rettorato. “La mancanza di ricercatori crea problemi alla didattica” è stata una delle affermazioni più gettonate da parte degli studenti che, però, hanno preso atto di dover collaborare con i ricercatori che stanno sfociando in una vera condizione di schiavitù. Si, perché è proprio di schiavitù che ha parlato Valeria Palardi, dottore di ricerca in filologia della lingua: “La docenza a titolo gratuito è conduzione a schiavitù. Piuttosto che cercare di salvare il salvabile stiamo creando ancora più precari”. Gianluca Imbriani ricercatore presso il dipartimento di scienze fisiche e membro del Consiglio d’Amministrazione d’ateneo, ha dichiarato: “Ci vogliono soldi, alta formazione e didattica. Purtroppo però senza soldi nessuna delle due altre cose è possibile per cui finanziare è la sola cosa veramente importante”. Solo facendo riferimento ad altri modelli europei come la Germania o la Francia ci si rende conto della situazione in cui vacilliamo. “Quando negli altri paesi c’è crisi, non si vanno mai ad intaccare i finanziamenti alla ricerca poiché è noto che questa rappresenta la sola risorsa per il futuro” hanno affermato di comune accordo molti dei ricercatori presenti.
L’obiettivo di questa settimana di mobilitazione è di fermare l’approvazione del disegno di legge in tutti i modi possibili. “Combattiamo non solo per noi stessi, ma soprattutto per le generazioni future. L’università, così fatta, rischia di finire. Il ruolo del ricercatore si è rivelato un ruolo a perdere” spiega la ricercatrice della Facoltà di Medicina della Sun, Daniela Pasquali. In un clima misto di rabbia e amarezza, arrivano le parole più dure forse le più importanti del ricercatore della Facoltà di Ingegneria del medesimo ateneo Daniele Gallo: “La politica ha deciso che siamo inutili! La cosa che più mi dispiace è che oggi siamo pochi, questo vuol dire disinteressamento. La mancata partecipazione è un autogol!”. Stessa delusione alla Federico II dove però ricercatori e docenti hanno ottenuto la possibilità di avere un incontro con il Magnifico Rettore Guido Trombetti che, seppur Rettore in uscita per la nomina nella Giunta Caldoro, ha ritenuto giusto ascoltare le richieste dell’ateneo che ha guidato dal 2001 ad oggi.
La proposta esplicitata da Paolo Donadio, dottore di ricerca in economia, è basata su dei punti principali: “Stabilire le date dei prossimi appuntamenti, fare assemblee cui partecipino tutti: dalla gente comune ai professori e istituire un coordinamento ad hoc per tutte le esigenze di questa problematica.
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Settimana di mobilitazione: in campania assemblee per discutere il ddl Gelmini