La protesta dei lettori di madrelingua

Nel giorno della mobilitazione dell’università contro il ddl Gelmini, troviamo i lettori di madrelingua.

Nonostante le finestre siano chiuse, davanti al Senato – nel giorno della mobilitazione dell’università contro il ddl Gelmini – ci sono anche i loro fischietti: quelli dei lettori di madrelingua. Una presenza che non dovrebbe stupire considerando le 4 sentenze della Corte Europea contro l’Italia per la discriminazione della loro categoria. E a confermare la mancanza di attenzione del nostro paese nei confronti delle lingue intervengono le statistiche europee: l’Italia è dietro tutti per le competenze linguistiche.
”Insegno da 23 anni – ci racconta John Gilbert, lettore di lingua e letteratura straniera all’università di Firenze”. “Oggi siamo qui oggi per dire no alla riforma Gelmini, una riforma che porta nella direzione dell’aziendalismo e della privatizzazione dell’università pubblica. Vogliamo inoltre dire no alla legge 133, che prevede tagli micidiali alla formazione: un miliardo e mezzo in tre anni”.
“Come in ogni riforma universitari – ci spiega John – si mira sempre a colpire i soggetti più deboli. A Siena, un ateneo con grandi problemi di bilancio, i tagli sono iniziati dal basso. Il consiglio di amministrazione ha deliberato di abrogare il contratto locale dei lettori di madrelingua e dal primo maggio i lettori di Siena riceveranno solo il trattamento fondamentale previsto dal contratto nazionale ovvero 800 euro al mese”. E a Firenze la situazione non è migliore, “dal 1 gennaio 2008 abbiamo un trattamento integrativo che è circa il 60% dello stipendio. Un trattamento che in caso di malattia, con la legge Brunetta, viene considerato accessorio”.
“Sappiamo – conclude John – che tutti gli altri paesi del mondo investono in formazione, solo qui in Italia stanno destrutturando tutto il sistema pubblico: dalla scuola d’infanzia all’università. Il governo mostra di non voler sentire, ma ad essere cancellato non sarà solo il mio futuro, ma quello della formazione”.
Anna Di Russo

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