Avrebbe voluto aumentarsi lo stipendio, quintuplicandolo, ma alla fine ha rinunciato anche a causa del clamore mediatico suscitato dalla notizia. Passo indietro del rettore dell’università di Lecce, Fabio Pollice, che ha chiesto consiglio di amministrazione del proprio ateneo di non deliberare sull’aumento dell’indennità da lui percepita, che sarebbe dovuta passare da 25mila a 121mila euro l’anno. La proposta di aumento, che era stata già bocciata dal Senato accademico, riguardava anche gli stipendi del prorettore e del quadro dirigenti.
“Questi compensi – ha detto Pollice nel corso di una conferenza stampa che si è svolta questa mattina – possono appartare eccessivi ma non li ho definiti io, anzi, ho scelto il range più basso. Ho applicato un Dpcm che vale per tutte le Università pubbliche, non ho fatto un colpo di testa. Amo questo territorio e questa università, e so che è al mio fianco in questo momento. Credo che l’aumento degli stipendi sia giusto perché gli stipendi dei dipendenti dell’università sono i meno pagati di tutta la Pubblica amministrazione. Il Dpcm spiega che è diritto di chi ha delle responsabilità avere un compenso adeguato. Se la passione non viene riconosciuta – ha concluso il rettore – torno a fare il ricercatore universitario con orgoglio. Non difendo me, difendo l’istituzione. Questa è una battaglia di civiltà”.
Ieri era stata la Flc Cgil a criticare la possibilità che aumentasse lo stipendio del rettore, parlando di “stupore e malcontento nell’intera comunità accademica”. Oggi il rettore Pollice ha deciso di fare marcia indietro pure restando convinto, però, della bontà della sua proposta. “D’accordo con gli altri consiglieri abbiamo deciso di non deliberare sull’aumento delle indennità ma ritengo che questi aumenti siano assolutamente legittimi in ragione delle responsabilità che gravano su chi amministra un’istituzione universitaria – ha detto – Confido che quanto accaduto possa portare tutti a riflettere sull’importanza di riconoscere il giusto compenso a chi si assume delle responsabilità pubbliche, perché questo è l’unico modo per rilanciare il settore pubblico e dare slancio al nostro Paese”.
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