La proposta: “Il liceo classico è in crisi? Fuori il greco e dentro il cinese”

liceo classico

“Il liceo classico è in crisi? Fuori il greco e dentro il cinese” – La proposta, provocatoria ma non infondata, viene da Micaela Cappellini, giornalista e blogger de Il Sole 24 Ore. Dalle colonne del suo blog Brix – Le opportunità altrove, la giornalista suggerisce una ricetta nuova per rilanciare il liceo classico che vede, ormai da anni, un continuo calo tra le domande di iscrizione. Riportiamo in allegato la proposta che, ne siamo sicuri, farà molto discutere.

 

Il primo passo per internazionalizzare un’azienda consiste nell’essere internazionalizzati dentro. E’ uno stato dell’anima, ma in parte lo si impara sui banchi di scuola. Dove voglio andare a parare?

I licei classici lamentano un calo di iscritti, e i presidi più accorti stanno cercando di correre ai ripari: chi offre più inglese, chi ci mette la musica, chi accelera sui computer. E se la chiave fosse quella di abolire il greco e il latino e sostituirli col cinese?

Io sono tra quelli che il liceo classico l’hanno fatto e l’hanno apprezzato. Quindi, sia chiaro, sono l’ultima a volerlo affossare. Il suo pregio migliore? Quello di avermi aperto la mente, di avermi insegnato a ragionare. Lo devo in primo luogo a una professoressa straordinaria di filosofia, e in secondo luogo al greco e al latino. Ricostruire i pezzetti di pensiero sparsi qua e là, come se ogni frase fosse un puzzle, è meglio della Settimana enigmistica, insegna a ragionare. Però poi, a diciotto anni, o si diventa prof o queste due lingue non servono più.

Ora: sono il greco e il latino le uniche due lingue ad avere una struttura diversa dalla nostra? No. Anche il cinese, per esempio, ha regole differenti. A cominciare dagli ideogrammi: le parole in Cina sono immagini, e ogni parola porta al suo interno la somma dei disegni dei concetti che la compongono. Ce n’è abbastanza per aprire le menti anche dei più ostinati. Con un vantaggio, rispetto al greco, non da poco: quando si esce dal liceo, si ha in tasca una lingua viva. Parlata da più di un miliardo di persone. Parlata da un Paese che sposta l’economia del mondo.

Certo, per Renzi e la Giannini, rottamare i docenti di greco e latino e sostuirli con insegnanti di cinese sarebbe una bella gatta da pelare. Ma alzino la mano quanti liceali sono finiti a fare i prof e quanti invece lavorano in un’azienda: a tutti i secondi, che scommetto sono la maggioranza, quanto sarebbe stato più utile oggi il cinese del greco?

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