La Crui vuole “un sistema di cooptazione” per reclutare ricercatori e docenti nell’università

Il documento presentato dalla Conferenza dei rettori italiani: più potere ai cda degli atenei, cooptazione nella selezione, raggruppamenti di atenei pubblici e privati su progetti di ricerca

Qualche giorno fa è comparso un documento di 30 pagine sul sito della Conferenza dei Rettori della università italiane (Crui) con delle proposte per una nuova riforma dell’università italiana. Il contenuto è stato presentato in una conferenza svoltasi oggi a Roma, a porte chiuse, tra Crui, Confindustria, Governo, Cnr, Il Commissario europeo Paolo Gentiloni e il ceo di Intesa Sanpaolo. Fuori dalla discussione gli studenti al centro delle decisioni.

Le proposte per l’Università

Ma quali sono le proposte della Crui contenute in queste pagine e presentate alla conferenza “Università per un Paese a prova di futuro”? Per rendere compatitiva l’università italiana e maggiore la collaborazione con il mondo delle imprese “occorre dotare l’università di una nuova fisionomia finalizzata a svolgere al meglio le funzioni alle quali viene chiamata a rispondere. La promozione di
un insieme di interventi di semplificazione e di modernizzazione deve risultare prioritaria nell’agenda delle riforme. Il riordino dovrà rendere l’università più dinamica e in grado di
adattarsi alle mutate condizioni della società”, si legge. Insomma un’università più snella nelle procedure amministrative ma anche dare spinta agli Its italiana che ancora assorbono pochi iscritti rispetto gli altri Paesi dell’Ue.

Superare differenziazione tra università statali e private

Una delle proposte di non poca importanza è l’introduzione del concetto di “coopetizione” come lo chiama la Crui: in soldoni significa raggruppare gli atenei – come già è indicato nelle linee guida del Pnrr – per avviare macroprogetti che interessino la ricerca “per privilegiare raggruppamenti di
qualità e realizzare un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e infrastrutture tecnologiche di innovazione secondo tematiche prioritarie per la competitività su scala europea”.

E ancora l’accesso al diritto allo studio. Oggi il diritto allo studio è in base al reddito con un accesso generalizzato per la maggior parte degli studenti, ma ci sono dei bonus per il merito che vengono resi accessibili dalle singole università. La Crui propone invece “una politica generale di sistema che investa sulmerito. Studenti meritevoli sono lavoratori capaci e lavoratori capaci contribuiscono a generare ricchezza, benessere e competitività. È necessario un ripensamento della politica del diritto allo studio che coinvolga in modo responsabile università ed enti regionali”.

La cooptazione come regola di selezione

Nel punto riguardante il reclutamento la Crui non usa mezzi termini: “I meccanismi concorsuali, che governano il reclutamento dei professori e professoresse e dei ricercatori e ricercatrici, meriterebbero di essere sottoposti a una revisione coraggiosa, prendendo in esame un sistema di cooptazione, vincolata al possesso dell’abilitazione scientifica nazionale”. E ancora: “Si dovrebbe
cioè fare quello che si fa in tante altre professioni, sia in Italia sia all’estero, con piena assunzione di responsabilità da parte del direttori e direttrici di dipartimento e del consiglio di amministrazione”. Aggiungendo, poi, che una forma di controllo dovrebbe essere introdotta ex post attraverso l’Anvur e il Ministero.

Tutto questo mentre si sta discutendo al Senato una riforma del reclutamento universitario, già approvata alla Camera, che introduce l’impossibilità per gli atenei di fare pressione direttamente sulle commissioni giudicanti, scelte ad estrazione, così da evitare che i baroni mandino avanti i propri adepti in barba al merito rispetto candidati più preparati. Qui la Crui è quanto mai specifica: “Vi è all’attenzione delle Camere una proposta di legge sul riordino del preruolo e sul reclutamento. Dobbiamo auspicare che il percorso legislativo si concluda rapidamente, con scelte coraggiose”.

Maggiore potere a cda sui direttori di dipartimento

L’autonomia dell’Università con organi eletti? Solo un ricordo, almeno secondo quanto vogliono i retori che in uno degli ultimi punti specificano: “Il consiglio di amministrazione dovrebbe attribuire più spesso obiettivi ai direttori e alle direttrici responsabili delle strutture intermedie (dipartimenti, scuole, centri) e valutarne la performance, analogamente a quanto avviene per la figura del direttore/della direttrice generale”. Maggiore potere al cda, e quindi ai rettori, sulle iniziative dei singoli dipartimenti. Tali proposte dei rettori non sono passate, però, presso gli organi collegiali nazionali come il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) o il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari.

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