In viaggio con la Sconosciuta compagnia, quando la passione diventa lavoro

sconosciuta

Marco, Roberto, Amedeo, Domenico, Jimmy, Mirco, Iacopo, Elisa e Ilaria: quando i giovani fanno rivivere il passato con creatività e fantasia. E’ la “Sconosciuta compagnia”, band giovanile italiana che omaggia Lucio Battisti. Nove ragazzi che girano Roma (e l’Italia) tra successi del passato e interessanti sperimentazioni. Un esempio di gioventù creativa, che fa di una passione il pretesto per trasformarlo in lavoro, senza pensare alle difficoltà e ai sacrifici. Abbiamo intervistato la voce del gruppo, Marco Battilocchi, che ci ha spiegato sogni, aspirazioni e progetti futuri della “compagnia”…

 

Com’è nato il vostro progetto musicale e da chi è composto?

Il nostro progetto (“La Sconosciuta Compagnia” – Tributo a Lucio Battisti) nasce precisamente una sera di Luglio del 2011. Trasmettevano in tv un documentario sulla vita artistica di Lucio Battisti, ero solo in casa e me lo sono visto senza alcuna distrazione , senza “rumori”, percependo ogni singola emozione che le immagini e la musica mi hanno restituito. Ho avvertito il forte desiderio di riproporre le sue canzoni nelle piazze, tra la gente, di riuscire ad emozionarci insieme. Quella stessa notte ho lanciato un appello su Facebook rivolto a tutti i musicisti che conosco, spiegando quali fossero le mie intenzioni. C’è stata una grande risposta e poche settimane dopo abbiamo iniziato il nostro percorso.

Nel tempo c’è stato qualche avvicendamento tra i componenti, ma ora siamo un gruppo solido ed affiatato; così composto: Roberto Battilocchi (Basso), Amedeo Rizzacasa (Batteria), Domenico Labanca (piano e tastiere), Jimmy Bax (sinth ed hammond), Mirko Mazza (chitarra elettrica), Iacopo Schiavo (chitarra acustica), Elisa Zecca, Ilaria Monteleone ed il sottoscritto Marco Battilocchi (voci).

 

Hai frequentato un corso specializzato?

Ho avuto la fortuna di frequentare il corso autori presso il Centro Europeo di Toscolano (CET) di Mogol. Un’esperienza unica nel suo genere e nei suoi contenuti. Immergermi in quel contesto, vedere foto inedite di Battisti, ascoltare direttamente dalla voce di Mogol aneddoti e storie sulla nascita di canzoni che hanno fatto la storia, è stato davvero fantastico.

Riguardo i componenti del gruppo invece, loro sì che sono veri musicisti! Tutti estremamente professionali e con un bagaglio tecnico da fare invidia. Mi ritengo davvero fortunato ad averli come compagni di questa avventura. E siamo tutti amici:  la musica unisce come niente e nessun altro sa fare.

 

Oltre a Roma avete suonato in altre città, e che clima respirate nell’Italia che girate?

Nonostante la nostra “giovane età” abbiamo avuto la fortuna di esplorare anche altre piazze fuori dalle nostre “mura”. Siamo stati in Basilicata, in Calabria, in Puglia, in Abruzzo e nella Marche.  Abbiamo in programma altre date anche al Nord Italia.

 

Qual è il tuo rapporto con gli studi in Italia?

Personalmente sono l’esempio tipico di scelte di studi  poco coerenti. Ho frequentato l’Istituto tecnico Industriale ed avevo il massimo dei voti in Italiano. Ho seguito un corso di giornalismo mentre lavoravo in un’industria di caffè. Ora mi occupo di trasporti e scrivo canzoni.

 

Che rapporto hai con la musica?

Personalmente, considero la musica una via maestra. Un percorso che può essere un viaggio o anche una via di fuga. Attraverso lei ci si può spostare stando fermi e si può comunicare stando zitti, come fosse un piccolo miracolo. E’ il linguaggio universale dell’anima.

Mi piace definire “artista” non solo chi scrive o compone, ma anche chi ascolta e riesce a ricevere, a carpire, a cogliere significati, ad interpretare quello che una canzone mette a disposizione. Non a caso si dice che la comunicazione si misura sempre all’arrivo.

Sono un po’ “arrabbiato” con chi spiega le canzoni (o quantomeno prova a farlo), credo che un brano debba essere esclusivamente un’opportunità, una cornice all’interno della quale ognuno può immaginare e vedere ciò che vuole.

Esistono incastri , sinergie e sensazioni che magari nemmeno immaginiamo, eppure li sentiamo addosso, li disegniamo con la fantasia e li vediamo. Proprio per questo il mio rapporto con la musica è il più libero ed incondizionato che  esista. La musica offre opportunità superiori senza alcun rischio di fallimento:  può fare solo del bene.

 

 Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane italiano in questo particolare momento?

Con il senno di poi, credo che sia fondamentale essere indirizzati verso il contesto per il quale siamo più predisposti. Non siamo tutti uguali ed ognuno di noi ha competenze naturali che a volte si nascondono ed escono solamente negli anni. Individuarle prima sarebbe un’ottima cosa, perché molto spesso le scelte fatte in età adolescenziale, sono prive di lucidità e di conoscenza di noi stessi. Ben venga l’orientamento mirato.

Bagnoli

Cosa risponderesti a chi definisce i giovani italiani dei “bamboccioni”?

Come spesso accade in questi casi, fare di tutta l’erba un fascio è quantomeno fuori luogo. Posso dire che conosco da vicino persone molto valide e poco fortunate, ma anche altre che si piangono addosso stando ferme.  Di fronte ad una dichiarazione del genere, posso interrogarmi sul fatto di essere o meno un bamboccione. Datami la risposta, ne prendo atto e vado avanti.

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

La nostra ambizione è quella di farci conoscere il più possibile e toccare più zone d’Italia possibile. Ci siamo resi conto che non è semplice, ma siamo convinti che l’impegno e la passione saranno ripagati; come del resto già sta succedendo.

 

Quanti vi seguono durante i vostri concerti?

Il richiamo di Battisti è sempre incredibile. Oltre alla “quantità”, ci fa ogni volta enormemente piacere vedere nel pubblico una varietà incredibile di generazioni. Cantare tutti insieme ci fa sentire vivi. Il prossimo appuntamento è fissato per il 4 aprile a stazione Birra, in collaborazione con una cover band di Vasco Rossi, i Doppio Senso.

 

 Il ricordo del vostro concerto più bello…?

Una volta una nonna e la sua nipotina si tenevano per mano ed erano proprio sotto il palco, in prima fila: cantavano insieme la stessa canzone. Immagini così ti restituiscono una  spinta incredibile per andare avanti.

 

 Qual è il vostro giudizio sullo stato della musica giovanile in Italia?

Lo stato della musica è probabilmente il riflesso del momento sociale che stiamo vivendo. Da questa parte vedo molti giovani con passione e talento. Purtroppo non è facile tramutare un amore (perché di amore si tratta) in lavoro, le certezze sono poche ed i rischi molteplici. Invito ogni giovane a valutare bene le scelte , specialmente ora che di possibilità ce ne sono davvero poche.

 

Raffaele Nappi

 

 

 

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