È stata scritta la parola fine su una disputa che si stava trascinando ormai da quasi due anni. La legge per il rientro dei “cervelli” nelle università italiane (la n. 239 del 2005) «non può essere applicata nei casi in cui studiosi italiani operanti stabilmente in Italia abbiano rapporti con istituzioni degli altri Paesi». Lo ha stabilito il Tar del Lazio, che ha respinto – perché infondato – il ricorso del professor Aldo Colleoni, dell’Università di Macerata.
Colleoni aveva fatto ricorso contro il provvedimento con cui l’allora titolare del Miur Fabio Mussi l’aveva sospeso dalle funzioni, per poi annullare con un decreto del 3 aprile 2007 l’autorizzazione alla chiamata diretta all’insegnamento di Statistica del Turismo e Geografia del Turismo a Scienze della Formazione.
Il caso fece scalpore, ed è tuttora al centro di un’inchiesta penale della procura maceratese. Il 2 novembre 2006 il sessantenne professor Colleoni, ribattezzato dalla stampa il “cervello mongolo”, era stato nominato dal rettore dell’Università di Macerata Roberto Sani docente di prima fascia, in quanto professore ordinario di ruolo presso l’Università Zokhiomj di Ulan Bator, in Mongolia. Un istituto che in realtà, come afferma la sentenza con cui il 9 febbraio scorso il Tribunale amministrativo ha bocciato il ricorso, non è un’istituzione equiparabile alle università italiane.
Come hanno accertato il Cnr e l’ambasciata italiana a Pechino, è un centro in cui possono insegnare anche semplici ‘magister’ (laureati con un anno di specializzazione post diploma), mentre le università mongole sono tenute per legge ad assumere docenti con tre anni di specializzazione post laurea, e la legge italiana del 2005 prevede idoneità accademiche corrispondenti a quelle di prof. ordinario o associato per richiamare in Italia i cervelli in fuga.
Colleoni, peraltro, insegnava a Ulan Bator solo 45 giorni l’anno, per 60 ore in tutto: il resto del tempo lo trascorreva a Trieste, come docente di Geografia Politica presso la facoltà di Scienze Politiche. Sia il ministero sia il Tar hanno condotto accertamenti anche sui rapporti finanziari tra l’Università di Macerata e Colleoni, in relazione al finanziamento per 800 mila euro di una cattedra dell’ateneo, garantito da una convenzione fra l’Università e la società General Trade, la cui prima rata era stata versata personalmente dal docente.
Secondo Colleoni, il decreto del ministro, applicato dall’Università maceratese, presentava difetti di motivazione, di istruttoria e travisava e sviava i fatti. Il Tar, però, gli ha dato torto. E la storia del “cervello mongolo” non è finita: la procura ha chiesto al Gup il rinvio a giudizio di Colleoni, del rettore Roberto Sani e del preside della Facoltà di Scienze della formazione Michele Corsi.
Manuel Massimo