Il primario del Policlinico di Pavia indagato per molestie, le accuse da 11 specializzande

Dai questionari anonimi che l’Università ha trasmesso alla procura emergono casi di “palpeggiamenti” durante le lezioni. In altre situazioni il docente avrebbe chiesto di assumere “posizioni fisiche innaturali”

È arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari per un primario del policlinico San Matteo di Pavia: è accusato di molestie ai danni di 11 specializzande in medicina. Spetterà al giudice decidere per l’archiviazione o il rinvio a giudizio per “violenza sessuale aggravata dall’abuso di autorità”. Il Corriere, raccontando la vicenda, spiega che il caso è partito dopo le risposte anonime che le giovani hanno inserito nei questionari di valutazione del corso che stavano seguendo nel reparto. I fatti sono relativi al 2020 e, prima dell’azione della procura di Pavia, un procedimento disciplinare era stato già avviato e chiuso dall’università.

In quel caso per il medico, all’epoca direttore della scuola di specialità, ci fu l’archiviazione. Lui aveva comunque deciso di dimettersi dal ruolo di direttore prima della conclusione del procedimento. Ricopre ancora, invece, l’incarico di primario al San Matteo. La procura ha avviato le indagini dopo che la stessa università aveva le aveva trasmesso una relazione sull’uomo. Negli atti acquisiti, oltre alle testimonianze raccolte dalle presunte vittime, compaiono le frasi che queste avevano scritto nei questionari. Si legge di “palpeggiamenti” durante le lezioni, richieste di assumere “posizioni fisiche innaturali” e “confidenze inappropriate”.

Udu: “Non è caso isolato ma problema radicato nel sistema accademico e sanitario”

“Questo caso – dichiara Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu – non è un evento isolato, ma l’ennesima manifestazione di una problematica strutturale profondamente radicata nel sistema accademico e sanitario italiano. La nostra recente ricerca “La tua voce conta” ha evidenziato con chiarezza che le molestie e le violenze di genere rappresentano una problematica sistemica all’interno delle università italiane”.

“Con l’indagine – ricorda Piredda – abbiamo ricevuto risposte di oltre 1500 persone e 300 testimonianze in meno di un mese. Abbiamo constatato come più del 20% dei rispondenti non consideri le università italiane come luoghi sicuri. È inaccettabile che il 34,5% degli intervistati sia a conoscenza di episodi di molestia o violenza negli spazi universitari, con i docenti indicati nel 48% dei casi come i principali responsabili. Questi dati non sono sorprendenti, ma confermano ciò che denunciamo da tempo: la cultura patriarcale pervasiva favorisce un ambiente in cui l’abuso di potere e le violenze sessuali sono minimizzati, ignorati o peggio, normalizzati. Le università, luoghi dove dovrebbe prevalere il sapere e il rispetto reciproco, si trasformano così in posti insicuri, soprattutto per le studentesse”.

L’Unione degli Universitari ribadisce l’urgenza di introdurre in tutti gli atenei misure concrete per contrastare questa piaga. La nomina di una Consigliere di Fiducia in ogni ateneo, l’implementazione di presidi antiviolenza efficaci e l’obbligo di percorsi formativi sull’educazione al consenso per studenti, docenti e personale sono solo alcuni dei passi necessari per iniziare a cambiare questa realtà.

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