Il bel Paese dell’ignoranza

Il recente rinvio del disegno di legge di riforma dell’università, la mancanza di copertura finanziaria (un miliardo di euro) per i ricercatori hanno gettato il mondo dell’università nello sconforto più totale. I corsi non partono, i ricercatori non si rendono disponibili alla copertura degli insegnamenti, non si hanno notizie dell’FFO realmente disponibile.

Il recente rinvio del disegno di legge di riforma dell’università, la mancanza di copertura finanziaria (un miliardo di euro) per i ricercatori hanno gettato il mondo dell’università nello sconforto più totale. I corsi non partono, i ricercatori non si rendono disponibili alla copertura degli insegnamenti, non si hanno notizie dell’FFO realmente disponibile.
Tutto ciò spaventa, ma quello che a mio giudizio spaventa ancor di più è l’incertezza e le continue promesse che si rinnovano di incontro in incontro, di conferenza stampa in conferenza stampa. Abbiamo chiaro il quadro generale, è sotto gli occhi di tutti la difficoltà nel reperire le risorse, occorre dunque un’operazione verità. E’ più dannoso vagare nel buio o peggio ancora, basare la propria programmazione sulle promesse. Tempo perso e energia sottratta all’inevitabile processo di rinnovamento cui bisogna metter mano. Meglio sapere oggi che bisognerà tagliare i bilanci del 30%, che occorrerà accorpare atenei delle stesse regioni e ritornare ad un numero di università di poco superiore a quello di venti o trenta anni orsono. La fermata del ddl, può comunque consentire uno spazio ulteriore di riflessione e di intervento. La distribuzione delle risorse diamola in funzione del merito, quello vero, della valutazione che aspettiamo da anni (anvur docet) e della trasparenza, questa strana parola che forse ci fa più pensare ad un gioco di luci che ad una virtuosa gestione dello scarso danaro pubblico.Il Paese è ad un bivio. Non possiamo più accettare passivamente il degrado culturale e sociale di cui siamo tristi spettatori. Dobbiamo puntare su scuola e università, aumentare gli spazi della partecipazione e pensare ad una rivoluzione al cui centro mettere il cittadino.
Siamo noi cittadini a dover denunciare quanto accade intorno a noi, quello che non funziona e tornare ad indignarci, come è capitato a me di vedere l’altro giorno un ragazzino steso per le scale della metropolitana a fumare senza che nessuno dicesse nulla. Non ho retto, sono andato a riprenderlo e il ragazzino vedendomi imbestialito ha gettato la sigaretta chiedendomi più volte scusa. Mi è andata bene stavolta, potevo ritrovarmi contro il solito branco di giovani annoiati. Ma lo rifarei, perché non possiamo consentire al nostro Paese di morire di ignoranza. Forse correremo qualche rischio in più, ma ne vale la pena. non ho dubbi.
Mariano Berriola
Direttore del Corriere dell’Università Job

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