Francesco Guccini, prof per un giorno

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“Un esempio di improvvisatore in ottava rima che però all’inizio non era un granché, prediligendo rime con …azzo o …iga. Mi divertivo anche a sfidarlo con rime assurde, poi è diventato davvero bravo”: così, Francesco Guccini, professore di storia e tradizioni della musica per un giorno, ha commentato l’evoluzione artistica di Roberto Benigni in qualità di cantastorie.

La lectio è stata realizzata grazie all’istituto musicale cittadino Achille Peri e al Dipartimento di educazione e scienze umane dell’Università di Reggio Emilia.

Guccini ha ripreso i temi trattati nel libro “Dizionario delle cose perdute”, in cui si fa memoria di cantastorie e ‘zirudelle’ intonate sulla pubblica piazza.

“Quando ero giovane gli altri miei coetanei volevano fare tabula rasa delle radici della musica. Io invece ho sempre voluto fare il contrario: ho “interrogato” mia nonna che era una vera e propria “canterina” con un repertorio di canti popolari infinito, ho girato per i paesi di provincia, ho parlato con gli anziani e ho imparato molto”, ha detto.

Televisione e radio, però, “hanno ammazzato un po’ quel mondo”, ha spiegato. Dai cantastorie ai “moderni cantautori o ai giornalisti”, Guccini ha ripercorso la storia delle tradizioni legate alla figura del menestrello in Italia e all’estero.

“Urge riflettere sull’intreccio tra musica popolare e colta, nella speranza che sia fecondo per trovare o ritrovare nuovi percorsi data la crisi che sta vivendo adesso la musica. Francesco Guccini, non per niente, ha fatto sempre tesoro delle cose perdute”, ha spiegato il direttore del Dipartimento universitario Giorgio Zanetti.

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