Formazione, territorio, riorganizzazione: la ricetta per salvare il sistema sanitario italiano

«Detto in sanitariese, il governo vuole rianimare il Servizio Sanitario Nazionale ma in realtà lo sta portando alla morte”. Francesco Scerbo, consigliere d’amministrazione di Tor Vergata, ribatte così alle affermazioni del premier Mario Monti sul Servizio Sanitario Nazionale.

Parlando in collegamento a Palermo durante l’inaugurazione di un centro biomedico della fondazione Ri.Med, il presidente del Consiglio ha lanciato un grido d’allarme: il SSN «potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento», ha dichiarato Monti. A stretto giro di posta è arrivata la risposta del ministro della Sanità Renato Balduzzi, che ha smentito l’ipotesi di una privatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale.

«Quella di Monti è stata un’uscita infelice, le sue parole non concordano con i numeri che fanno del nostro SSN uno fra i migliori al livello europeo e con la scure della spending review che nella sanità ha portati a tagli per 5 miliardi di euro – dice Scerbo al Corriere dell’Università – Balduzzi invece parla giustamente di competenze. Noi diciamo che bisogna ripartire dall’università, ridefinendo le competenze professionali delle professioni universitarie, emancipando figure come gli infermieri, i logopedisti e i fisioterapisti, e giocando la partita sul territorio, portando la sanità in casa del paziente, abbattendo i costi. Ma la riorganizzazione deve fare i conti anche con una classe medica fortemente ancorata alle tradizioni».

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