Eurostat, due giovani disoccupati italiani su tre non si trasferirebbe per lavoro

Il 60% dei disoccupati italiani tra i 20 e i 34 anni non sarebbe pronto a «trasferirsi per ottenere un lavoro». Una quota del 20% è disposta a farlo all’interno della Penisola e il restante 20% anche all’estero (il 7% in Europa, il 13% al di fuori). La fotografia sulla – scarsa – propensione alle mobilità dei millennials italiani è emersa da un report pubblicato da Eurostat, l’agenzia statistica europea. I numeri sui giovani italiani superano la media continentale, anche se con uno scarto meno eclatante di quanto si potrebbe pensare: la media Ue di under 34 «riluttanti a trasferirsi» è del 50%, con picchi a Malta (73%), Paesi Bassi (69%) e Cipro (68%). L’Italia raggiunge il record, invece, per la quota di giovani che non si sono mai trasferiti per un posto di lavoro: il 98%, contro una media Ue del 60% e il primato opposto in Irlanda (dove “solo” il 60% dei giovani ha trovato impiego nel comune di origine).
La mappa dei Paesi con i giovani più mobili varia a seconda della destinazione finale. Ad esempio, quando si tratta di trasferirsi all’interno della propria nazione, i più propensi sono gli under 34 di Romania e Germania (entrambi al 37%), Irlanda e Repubblica Ceca (in tandem al 35%). I picchi maggiori di millennials disposti a ottenere impiego in un altro Paese europeo si registrano in Estonia e Croazia (26%) e Slovenia (25%). Quanto alle trasferte di lungo raggio, fuori dall’Ue, la maggiore disponibilità arriva dai giovani residenti in Svezia (34%), Spagna e Finlandia (28%) e Francia (27%). In generale la tendenza è quella di preferire una ricollocazione interna al Paese domestico, piuttosto che nel resto d’Europa. Ma ci sono eccezioni come la Bulgaria, dove la quota dei disoccupati aperti al trasferimento nel resto d’Europa (23%) è quasi il doppio rispetto a quella di chi sceglierebbe un impiego nei confini nazionali. Se poi si guarda a chi si è trasferito davvero, la geografia cambia ancora. I giovani che hanno già spostato la residenza di lavoro all’interno del proprio Paese arrivano soprattutto da Irlanda (26%), Francia (16%), Finlandia (14%) e Svezia (13%). Quelli che hanno scelto di andare all’estero concentrano le proprie origini fra Lussemburgo (12%), Malta (9%) e Irlanda (7%). In Italia la percentuale scende al 2%.
La disponibilità a spostarsi cresce, proporzionalmente, con il titolo di studi. Per quanto riguarda le intenzioni, i giovani disoccupati propensi a spostarsi raggiungono il picco tra chi ha ottenuto un «alto livello di istruzione» (il 23% lo farebbe nel suo stesso Paese, il 16% nel resto d’Europa), contro i livelli comunque discreti di chi ha ottenuto un livello «medio» (20% e 11%) e basso (21% e 10%). Viceversa, il curriculum sembra aver influito solo in parte sui trasferimenti già effettuati. La mobilità per ragioni lavorative nello stesso Paese d’origine arriva al 13% fra i giovani impiegati con un alto livello di istruzione, per scendere al 6% nel caso dei “colleghi” con un livello medio al 4% tra quelli con un livello basso. La differenza non è così sostanziale quando il focus si sposta sui trasferimenti all’estero: ad aver fatto la valigia sono il 2%sia dei giovani più istruiti che di quelli con un livello «basso», contro l’1% dei coetanei che si sono fermati a un livello di istruzione precedente.

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