Erasmus: tra tempo e spazio

<<Non disponiamo di poco tempo, ma ne perdiamo molto>>: questa è la massima, tratta da Seneca, che meglio rappresenta la relazione con il tempo che uno studente Erasmus allaccia, non appena inizia la sua avventura. Già, perché durante questa fantastica vita parallela trascorsa all’estero il nostro approccio con la vita e con il tempo è completamente differente: vietato procrastinare, qualsiasi viaggio, qualsiasi concerto, qualsiasi occasione vale la pena di essere vissuta. Riusciamo a districarci così bene tra weekend e studio come mai riusciremmo a fare nella vita di tutti i giorni. La domanda che sorge spontanea è: come mai non viviamo così la nostra vita quotidiana? Perché nella nostra realtà ci facciamo schiacciare da esami, impegni, routine? L’esperienza Erasmus, oltre che a metterci a confronto con culture, abitudini, metodi di studio più disparati, ci suggerisce ogni giorno: <<Vivi!>>. Spesso ci dimentichiamo di cogliere l’attimo, rimandiamo a domani quello che potremmo fare oggi solo perché pensiamo di poter dominare il tempo. In Erasmus tutto è differente: nel momento in cui mettiamo piede nella città che ci ospiterà,  siamo perfettamente coscienti del ticchettio dell’orologio che, implacabile, ci dice che vivremo in quella nazione solo per sei o nove mesi ad esempio. E allora ogni cibo è da assaggiare, ogni paesino da esplorare, qualsiasi spiaggia da ammirare, ogni tramonto da fotografare. Ed insieme a questa visione improntata al carpe diem, ci si crea una realtà parallela, si perde leggermente la cognizione del  tempo e così i giorni volano insieme alle settimane e da ottobre, non so come, sono già arrivata a fine novembre. I miei weekend si sono susseguiti tra pranzi multiculturali, esplorazioni in grotte incontaminate, tapas a Siviglia e passeggiate a Lisbona, fino al raggiungimento dell’estrema punta d’Europa, il capo di Sagres: oltre l’oceano, il Nuovo Mondo. Arrivando in questa località, tra quella che si potrebbe definire con le parole dei Romantici Statunitensi wilderness della natura, accompagnati dall’infrangersi delle onde contro le nude rocce, colpiti da un vento impetuoso si capisce quello che hanno provato i grandi conquistatori e qualsiasi osservatore, posto di fronte a quel paesaggio, non potrebbe fare altro che assecondare quella voglia di scoperta e di conquista dell’ignoto che sente salire piano piano e pervadere lentamente ogni minima parte del suo corpo. E, citando Leopardi, tra questa immensità, sia spaziale che temporale, s’annega il nostro pensiero.

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