“Ecco la lista delle studentesse che lo fanno meglio”: caso di sessismo all’Università di Palermo

Una ragazza ha denunciato di essere finita in una lista, redatta da un ricercatore dell’ateneo siciliano, che catalogava le studentesse in base alle loro prestazioni sessuali. Accuse ai vertici dell’università per non aver condannato il gesto. Giovedì si terrà un’assemblea pubblica.

Una studentessa dell’università di Palermo ha denunciato sul blog di informazione Younipa un episodio di sessismo che sarebbe avvenuto all’interno dell’ateneo siciliano. La ragazza ha spiegato che il suo nome si troverebbe in una lista di studentesse catalogate in base alle loro “prestazioni sessuali”.

I nomi finiti su WhatsApp

Una lista redatta, a quanto sembra, da un dottorando di ricerca del dipartimento di Economia di UniPa e diffusa poi attraverso dei gruppi Whatsapp. Appresa la notizia, un gruppo di studentesse del Collettivo Medusa ha lanciato un’assemblea d’ateneo per il 15 dicembre all’interno dell’aula Cocchiara dell’edificio 12 del campus universitario. “Episodi come questo ci fanno rendere conto di come uno spazio femminista all’Università sia necessario – dice Anna Taibi, studentessa di Beni culturali – e che l’emancipazione delle donne non sia affatto scontata, nemmeno negli ambienti accademici, tra i banchi dei dottorati, dove prende forma la classe intellettuale di domani, in perfetta continuità con le classi intellettuali stantie e reazionarie di oggi e di ieri. Nel mostrare solidarietà alla collega che sarebbe stata colpita dall’ennesimo episodio di sessismo all’interno dell’Università di Palermo, sentiamo il dovere di puntare i riflettori sull’ambiente accademico che nasconde e protegge, legittimando, chi fa violenza sulle donne“.

Accuse ai vertici dell’ateneo siciliano

Il riferimento è alla reazione della governance universitaria alla segnalazione, diffusa attraverso un sito non ufficiale dell’Ateneo. Il blog, fino al 2016, aveva funzionato come mezzo di comunicazione degli studenti, ma da quel momento è passato in altre mani.  “La loro soluzione è stata quella di accusare di diffamazione la redazione del blog, senza proferire parola in merito ai fatti riportati – continua Taibi -. La mancanza di un dibattito pubblico intorno alla vicenda la rende ancora più grave, genera il rischio che il tutto venga nascosto e normalizzato e che non vengano messi in discussione i rapporti di potere vigenti all’interno del mondo accademico. Non basta istituire prorettorati all’Inclusione, Pari opportunità e Politiche di Genere, non basta inaugurare ogni anno panchine rosse per lavare via le responsabilità dell’ambiente accademico. Occorre che la comunità accademica si unisca perché non si permetta il verificarsi di cose simili, occorre che lanci un messaggio chiaro alle studentesse, alle ricercatrici, alle professoresse: nessuna di noi deve restare isolata” conclude.

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