Corruzione al ministero, l’ex dirigente Boda e l’imprenditore Bianchi Di Castelbianco chiedono il rito abbreviato

Miur, Palazzo Chigi e l’agenzia di stampa Dire si costituiranno parte civile. L’ex capo dipatimento del ministero sarebbe stata corrotta dall’imputato Bianchi di Castelbianco

Ha richiesto il giudizio in rito abbreviato Giovanna Boda e Bianchi di Castelbianco, rispettivamente l’ex capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione e l’imprenditore romano imputati, insieme ad altri, per alcuni presunti episodi di corruzione in appalti del dicastero di Viale Trastevere.

A chiedere il rito alternativo – che prevede il giudizio davanti al gup e uno sconto di pena di un terzo in caso di condanna – sono stati anche altri tre imputati. Hanno anticipato la richiesta di costituirsi parte civile l’Avvocatura dello Stato in rappresentanza del ministero e della presidenza del Consiglio.

Il rinvio a giudizio

La decisione su abbreviati e rinvii a giudizio è attesa per il 6 giugno. Al centro dell’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Carlo Villani e culminata con una serie di arresti nel settembre del 2021, un presunto giro di mazzette e utilità per ottenere l’affidamento delle gare. A Boda e a Bianchi di Castelbianco i magistrati contestano i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. In questa vicenda sei posizioni hanno già chiesto il patteggiamento con pene che vanno dai 4 mesi e due anni di reclusione.

Tra le istanze di parte civile anche quella avanzata al giudice dai lavoratori della agenzia Dire. Bianchi di Castelbianco è, infatti, ex editore della COM.E., società editrice dell’agenzia. La decisione di avanzare la richiesta di costituzione di parte civile è stata deliberata al termine di un’assemblea dell’agenzia Dire che si è tenuta il 9 febbraio. La richiesta è stata avanzata formalmente da tre giornalisti in rappresentanza del corpo redazionale.

Il sistema di Bianchi di Castelbianco

Il sistema funzionava così: il Ministero finanziava progetti come “Genova, un ponte per il futuro”, “Riparare ma non dimenticare”, “Sempre accanto ai bambini” o la “Campagna di comunicazione e informazione nazionale per contrastare situazioni di emergenza educativa traumatiche e post-traumatiche”, le diverse scuole si affidavano alle aziende di Bianchi di Castelbianco che poi – è la ricostruzione dell’accusa – gonfiava alcune voci di spesa per far “rientrare” i soldi delle tangenti o quelli che servivano per coprire uscite varie. Il tutto “in spregio alle più elementari regole della contrattualistica pubblica, visto che queste risorse sono state utilizzate per il profitto personale o per gli indebiti vantaggi fatti acquisire a soggetti terzi” si legge negli atti allegati all’inchiesta appena conclusa.

Chi è Giovanna Boda?

Quarantasette anni, prima dell’inchiesta, è stata una dirigente di successo del ministero dell’Istruzione. Laureata in Psicologia alla Sapienza e con un dottorato a Padova, è originaria di Casale Monferrato, dove la mamma è stata primo cittadino. Molto attiva sui temi della disabilità e dell’inclusione, ha curato la scuola in ospedale per i bambini malati. Prima dell’inchiesta della procura, ad aprile del 2021, stava lavorando al tavolo per l’apertura delle scuole durante l’estate per i recuperi degli studenti costretti alla Dad per quasi tutto l’anno a causa della Pandemia.

Poco dopo lo scoppio dello scandalo il 14 aprile del 2021, a metà pomeriggio, dopo un incontro nello studio del suo avvocato, si lanciò dalla finestra del secondo piano nel cortile del palazzo di Piazza della Libertà che ospita lo studio legale dell’ex ministra Paola Severino, fu ricoverata in gravissime condizioni al Gemelli rimanendo per mesi costretta a letto senza poter camminare.

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