Concorsi truccati, in esclusiva parla il professor Zencovich: “La mia era solo ironia. Nell’accademia c’è il terrore di essere indagati”

“L’ironia è un registro comunicativo che corre sempre il rischio di non essere compreso” E’ con queste parole che il professor Zeno Zencovich risponde alle nostre domande, chiarendo una volta e per tutte la questione che lo ha visto coinvolto in prima persona.
Questi i fatti: dopo un articolo satirico apparso sul Foglio il professore ordinario di diritto all’Università di Roma Tre era stato chiamato in causa come un vero e proprio “truccatore di concorsi”. Abbiamo voluto approfondire la questione, andando a fondo e sentendolo in esclusiva.
“Così il mio articoletto di satira sulle ricorrenti indagini in materia di concorsi e abilitazioni universitari – racconta – è stato da taluno letto guardando solo al titolo (ovviamente fatto dalla redazione de ‘Il Foglio’, non da me), e attribuendomi il ruolo di “truccatore” di concorsi. Alcuni amici hanno preso alla lettera l’incipit dell’articolo (chiaramente un artificio retorico) manifestandomi solidarietà per essere oggetto di una indagine che (almeno per quanto ne sappia) non c’è. La mia – ovviamente retorica – “autodenuncia” voleva mettere in luce questa situazione paradossale.
Professor Zencovich quali sono i motivi che l’hanno spinta a scrivere una lettera del genere?
Perché diffusamente nell’accademia si manifesta un vero è proprio terrore di essere indagati per aver fatto quello che da sempre (1089: fondazione dell’Università di Bologna) si fa: esprimere giudizi sugli studiosi, giovani e meno, raccomandandone l’inclusione fra i docenti universitari ovvero  sconsigliando il loro ingresso o avanzamento. Queste indagini – da ultimo quella che ha sparato fango su una serie di illustri costituzionalisti – hanno avuto ampio risalto mediatico con un conseguente “chilling effect” sulla trasparenza del dibattito sui processi di selezione.
Come già detto in precedenza, aveva calcolato il rischio di essere frainteso?
Vent’anni fa avevo pubblicato (con Laterza) un pamphlet “Alcune ragioni per sopprimere la libertà di stampa”, riprendendo il titolo di un ben più riuscito libretto di Jonathan Swift, il quel suggeriva di eliminare la carestia in Irlanda semplicemente sopprimendo i bambini. Anche all’epoca ci fu chi lo prese sul serio, accusandolo di progettare un infanticidio. Che dire: la nostra società sarebbe più lieve se utilizzasse maggiormente il registro comunicativo dell’ironia, anziché quello dell’accusa, della denuncia, del proclama, dell’invettiva.
Come scrive nel suo pamphlet “ci vuole poco per fare un’università migliore”. Pensa che la sua azione sia stata necessaria?
Almeno qualcuno parla del procedimento – spesso opaco e governato dalla paura – di abilitazione nazionale dei docenti universitari. Beninteso non ho nessuna pretesa che il mio punto di vista sia quello corretto. Ma il fondamento dell’università da sempre è il libero confronto delle idee.Concorsi truccati
Raffaele Nappi
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