Concorsi cuciti addosso

ago.bmpCon quale logica vengono banditi i concorsi per la docenza universitaria? Per reali esigenze didattiche o per assegnare cattedre a candidati già individuati in precedenza? E perché vengono svolte “valutazioni comparative” in cui si presenta soltanto il vincitore designato?
Sul numero di febbraio del Corriere dell’Università Job un servizio approfondito sulle logiche che governano i concorsi universitari.

Che cosa hanno in comune un’università e una sartoria? Apparentemente niente ma, a guardare con più attenzione, ci si accorge che il lessico sartoriale ben s’addice ai concorsi – che però vengono sempre indicati con la denominazione “valutazioni comparative” – banditi dagli atenei. Le cronache di questi anni sono piene di notizie legate al mondo dei concorsi e i termini utilizzati appartengono, spesso, più alla merceria che all’accademia: “su misura”, “cucito addosso”, “accomodato”, “tagliato sul candidato x”, “un bando che calza a pennello” e chi più ne ha più ne metta.
La già lunga sequenza di concorsi universitari finiti nella sfera di attenzione dell’opinione pubblica si è arricchita, recentemente, di un nuovo caso emblematico che rappresenta un vero e proprio capolavoro dell’alchimia accademica con cui vengono banditi i concorsi. Beninteso: tutto si svolge in ossequio alle norme vigenti e ai criteri concorsuali individuati dalla Commissione giudicatrice, non viene commesso alcun illecito. Ma è proprio questo il punto: le procedure di “valutazione comparativa” molto spesso si risolvono in competizioni solitarie che il vincitore designato fa contro se stesso. In assenza di concorrenza. Il superamento delle prove diventa una questione di pura formalità. Questo succede a tutti i livelli, a partire dalle selezioni per diventare ricercatore, il primo step per intraprendere la carriera universitaria e avviarsi a occupare una cattedra.
Se la sigla M-STO/03 non vi dice niente non è colpa vostra: si tratta di un settore scientifico disciplinare che individua l’area degli studi in “Storia dell’Europa Orientale”, un ambito di ricerca piuttosto circoscritto e presente a macchia di leopardo in pochi atenei italiani. Un fatto dimostrato anche dai numeri: negli ultimi dieci anni sono stati banditi soltanto tredici concorsi per reclutare le nuove leve della docenza, cioè i ricercatori. Tredici concorsi per complessivi tredici posti.
Un fatto eclatante, che ha meritato l’attenzione dei media, riguarda quello che è successo all’Università Europea di Roma, un piccolo ateneo privato promosso dai Legionari di Cristo. Il concorso è andato a Francesca Romana Lenzi, che con i suoi 25 anni rappresenta un caso più unico che raro di precocità accademica. A fare notizia, peraltro, sono stati anche altri due aspetti legati alla sua “valutazione comparativa”: ha corso da sola, in quanto gli altri iscritti al concorso non si sono presentati. E il suo cognome non rappresenta un caso di omonimia con il professor Andrea Lenzi, presidente del Cun (Consiglio Universitario Nazionale): è proprio sua figlia. Ma ricostruiamo tutta la vicenda: per maggiore chiarezza è necessario fare un passo indietro.
Una neolaureata in cattedra
20 febbraio 2007. Una data come tante ma non certo per la famiglia Lenzi: Francesca Romana si laurea in Relazioni Internazionali alla Luiss di Roma. Grandi festeggiamenti con amici e parenti, foto ricordo fuori dall’aula, fiori e goliardia. La neodottoressa ha un curriculum che denota un interesse per i Diritti Umani, la conoscenza di Inglese, Spagnolo e Francese e un’intensa attività di collaborazione con diversi Istituti di Ricerca tra cui il “Dipartimento di Storia dell’Europa Orientale” diretto dal professor Antonello Biagini. (Tenete a mente questo nome).
21 dicembre 2007. L’Università Europea di Roma bandisce una “procedura di valutazione comparativa per la copertura di 1 posto di ricercatore universitario presso il Dipartimento di Didattica e Ricerca di Storia nel settore scientifico disciplinare M-STO/03”. La neolaureata Francesca Romana Lenzi inoltra la propria candidatura: per evidenti ragioni anagrafiche (essendo nata nel 1983) non possiede né il titolo di dottore di ricerca né un’esperienza comprovata nel campo. Eppure decide di concorrere ugualmente.
19 settembre 2008. Si insedia la Commissione giudicatrice, nominata con decreto rettorale: a presiederla c’è il professor Antonello Biagini, docente ordinario della Sapienza. Sì, proprio lui. Come si evince dalla Relazione riassuntiva dei lavori, la Commissione prende atto che risultano 3 candidati e fissa le date delle prove di “valutazione comparativa”.
24 ottobre 2008. Alle ore 14 si tiene il primo scritto: è presente soltanto la candidata Francesca Romana Lenzi, gli altri due non si sono presentati. “La prova si è svolta regolarmente”, tengono a precisare i Commissari nella loro Relazione. Ma, a scanso di equivoci e per evitare che si possa pensar male, specificano anche che “al termine delle operazioni, la Commissione ha proceduto alla riunione delle buste contenenti gli elaborati secondo le modalità fissate nella seduta preliminare, in modo da garantire l’anonimato degli elaborati stessi fino all’avvenuta valutazione”. Con un solo candidato presente? Eccesso di zelo.
25 ottobre 2008. La seconda giornata comincia di buon mattino: alle 9 è prevista la seconda prova scritta, alla quale si presenta sempre e solo la dottoressa Lenzi. Alle 13 si tiene la prova orale e alle 15 è tutto finito: la Commissione ha proceduto a “formulare il giudizio complessivo su ciascun candidato” individuando il vincitore nella persona della dottoressa Francesca Romana Lenzi.

Manuel Massimo

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  1. beh cosa dire … e pensare che ho tre lauree: una in lingue con una specializzazione in letteratura ungherese, una in filologia e storia dell’europa orientale, una in scienze politiche, indirizzo europa orientale, 16 saggi 2 monografie una sulla storia della dalmazia e un’altra sulla storia ungherese, decine di borse di studio, ed ….. insegno geografia alle superiori. E’ assurdo …………………………….!

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