Chat e serie tv fino a tarda notte: uno studente su tre è malato di “vamping”

L’allarme arriva da una ricerca condotta in un istituto superiore di Conegliano, in provincia di Treviso, dove ragazzo su tre – il 35,7% – chatta, naviga sui social, guarda on line video o serie tv dopo la mezzanotte per noia, solitudine, tristezza ma anche per semplice mancanza di stanchezza.

Li chiamano “Vampiri”: sono i ragazzi che, complice il lockdown, hanno cominciato a passare le notti in bianco per chattare, stare sui social o guardare serie tv, spesso senza che la famiglia lo sappia e con conseguenze che potrebbero poi pesare sullo sviluppo psico-fisico, e quindi riposare sempre di meno.

L’allarme arriva da una ricerca condotta in un istituto superiore di Conegliano, in provincia di Treviso, dove ragazzo su tre – il 35,7% – chatta, naviga sui social, guarda on line video o serie tv dopo la mezzanotte per noia, solitudine, tristezza ma anche per semplice mancanza di stanchezza, tutti sintomi della malattia che è già stata ribattezzata come “vamping”.

L’indagine, condotta da Maria Serena tra i 367 studenti della scuola, ha ispirato la Fondazione Ars Medica, “braccio” culturale dell’Ordine dei Medici di Venezia, per un convegno sul fenomeno dei “ragazzi vampiri” attaccati al web, un fenomeno non nuovo ma che l’isolamento dovuto al lockdown e alla Dad sta facendo emergere in modo preoccupante.

“Ce ne accorgiamo – ha detto Emanuela Malorgio, pediatra esperta di disturbi del sonno – quando arrivano all’osservazione degli operatori per gli effetti della deprivazione del sonno: stanchezza, malessere generalizzato, calo del rendimento scolastico, alterazioni dell’appetito, fino ad arrivare a disturbi dell’umore, aggressività, abuso di droghe e di sostanze eccitanti”.

Un problema che per qualche adolescente comincia ad assumere il profilo di una dipendenza, e che verosimilmente crescerà nei prossimi anni. Sarà dunque necessario attrezzarsi sul territorio “con modalità di trattamento e spazi adeguati, vista anche l’età dei soggetti coinvolti”, come hanno sottolineato gli specialisti dei Servizi Dipendenze dell’Ulss 3 Serenissima e dell’Ulss 4 Veneto Orientale, Silvia Faggian e Diego Saccon.

Tra le possibili risposte: richiamare le famiglie alla loro responsabilità educativa, intervenire sui genitori dei più piccoli educandoli a un uso responsabile dei device; importante infine costruire una rete sul territorio tra famiglie, operatori, medici e insegnanti per individuare precocemente i segni della deprivazione di sonno e far emergere il problema. 

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