Censis, alta formazione contro la crisi

formazione1.jpgSiamo una società “testardamente replicante”. Ci basti sapere questo per leggere con un po’più di ironia e forse anche meno preoccupazione il 43° rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, siglato Censis. A poche settimane dallo scadere del vecchio anno il Censis non ci racconta nulla di nuovo, ricordandoci che nei primi due trimestri dell’anno diminuisce il numero degli occupati, mentre aumenta contemporaneamente il tasso di disoccupazione.

A farci riflettere è invece la nota introduttiva del suo Presidente, Giuseppe De Rita, a commento della presentazione del 43* rapporto annuale. Quel “non saremo più come prima” – sostiene De Rita – che un anno fa dominava la psicologia collettiva è mutato in un “siamo sempre gli stessi”. La società italiana è una società testardamente replicante”.

E anche nel settore della formazione-lavoro l’Italia sembra non spostarsi molto dal suo “naturale” andamento, con studenti orientati sempre più verso una formazione qualificata e un mercato del lavoro che stenta a dare occupazione.

L’Italia dai saperi competitivi. Piccolo miglioramento sul fronte della competitività. La capacità di attrazione degli studenti stranieri migliora: 51.279 iscritti nel 2007-2008 (escluse le università per stranieri di Siena e Perugia) rispetto ai 41.167 del 2005-2006 (+24,6%). Le università italiane sembrerebbero avere un certo appeal sugli studenti stranieri, anche se molto dipenderebbe dalla regione di riferimento. Gli atenei con maggiori capacità attrattive sono quelli di Lazio (9.715 studenti), Lombardia (8.898) ed Emilia Romagna (7.064), che assorbono più della metà di tutti gli stranieri iscritti. Più dinamici gli atenei piemontesi (+101,4% tra il 2005-2006 e il 2007-2008), abruzzesi (+109,8%) e calabresi (+88,1%). In controtendenza gli atenei campani (-16,6%), siciliani (-14,6%) e pugliesi (-6,6%). Si consolida il flusso di studenti provenienti dall’Albania, seguono greci e rumeni. Al quarto posto si posizionano i cinesi, con un aumento rispetto al 2006-2007 del 231,5%. Le facoltà più richieste sono quelle afferenti all’area economica, all’area medica e all’ingegneria, che nel complesso sono frequentate da quasi il 44% degli stranieri.

Alta formazione, vincono i politecnici. I giovani italiani, in crescente difficoltà nel mercato del lavoro, sembrano sempre più orientati verso l’unico bene rifugio oggi a loro disposizione: ottenere una formazione qualificata. Si assiste infatti a un aumento delle preiscrizioni negli atenei più qualificati e verso le facoltà considerate più “difficili” come ingegneria e medicina. Rispetto al 2007 si registrano incrementi delle preiscrizioni per l’accesso ai test di ammissione ai due politecnici più prestigiosi d’Italia (Milano e Torino) rispettivamente del 19% e del 27%. In entrambi i casi, la maggioranza delle richieste riguarda il corso di ingegneria, che ha sempre offerto in Italia le migliori chance occupazionali.

Learning mobility, apprendimento europeo. Dal 2001 al 2007 162.759 persone hanno usufruito di borse di studio, formazione e tirocinio all’estero nell’ambito dei programmi europei Socrates e Leonardo da Vinci (integrati dal 2007 nel Programma per l’apprendimento permanente). Nel segmento della formazione iniziale, gioca un ruolo preponderante la mobilità del programma Erasmus per gli studenti universitari, che ha promosso l’outgoing di oltre 15.000 persone all’anno (oscillando tra le 13.236 del 2001 e le 18.364 del 2007), seguito da Leonardo da Vinci, che ha promosso l’uscita dal Paese per tirocini formativi di oltre 4.000 giovani all’anno, raggiungendo la quota massima nel 2006 con 6.090 borsisti.

Quanto rende la formazione? 322 mila dollari lordi in più durante il percorso lavorativo. Tanto è il rendimento degli investimenti nell’educazione universitaria (comparando i costi dell’istruzione e l’assenza di guadagno durante il corso di studi con le prospettive salariali). Un incremento secondo solamente a quello registrato negli Stati Uniti, con la differenza che nel nostro Paese la laurea, in termini di resa salariale, è un affare riservato agli uomini. I vantaggi per le donne sono più limitati: il beneficio si ferma a 136 mila dollari, facendo registrare la maggiore disparità di genere tra i Paesi industrializzati. La disparità di rendimento è ancora più evidente se si considera la stima al netto di tasse, contributi sociali ed effetti della disoccupazione: se un laureato può sperare di arrivare a guadagnare nell’arco della vita lavorativa 173.889 dollari in più di un diplomato, per una donna laureata il ritorno economico si ferma a 25.806 dollari, con una differenza quindi di oltre 148 mila dollari.

Lavoro e professionalità. Anche il mercato del lavoro sembra non aver subito grandi cambiamenti: nei primi due trimestri dell’anno diminuisce il numero degli occupati (-1,6% rispetto allo stesso periodo del 2008) e aumenta contemporaneamente il tasso di disoccupazione (dal 6,7% al 7,4%). Cresce anche il numero delle persone in cerca di occupazione (+8,1%). La crisi occupazionale ha fatto sentire i suoi effetti con un’ulteriore contrazione del lavoro femminile (-0,7%). E come al solito nel Mezzogiorno si rileva un tasso di disoccupazione più alto che nel resto del Paese (12%).

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