Bologna, adozioni contro il caro-affitti

nonni.jpgLa vita del fuorisede non è tutta rosa e fiori: le spese sono tante e, spesso, il costo di una stanza incide non poco sul risicato budget mensile. A Bologna, grande città universitaria, per il terzo anno consecutivo torna l’iniziativa taglia-affitti “Nonni adottano studenti” promossa dall’Uppi (Unione Piccoli Proprietari Immobiliari).
L’idea era nata due anni fa con l’intento di rispondere alle esigenze economiche degli studenti e, contemporaneamente, di contrastare il fenomeno del ‘mercato nero’ degli affitti all’ombra delle Due Torri. L’iniziativa vede protagonisti, in prima persona, anziani soli o in coppia che danno la loro disponibilità ad accogliere in casa propria uno studente, in cambio di compagnia, un po’ di assistenza e qualche servizio, come ad esempio la spesa, l’acquisto delle medicine o le commissioni quotidiane.
Lo “studente/nipote” ospite avrà a disposizione una stanza singola, già pronta ed arredata, e senza dover pagare un affitto. Lo scorso anno sono stati sistemati 42 studenti, 33 ragazze e 9 ragazzi, tutti tra il centro e la prima periferia della città. «Abbiamo voluto riproporre l’idea anche per quest’anno perché la seconda esperienza ha dato buoni frutti – spiega Alberto Zanni, presidente provinciale e vicepresidente nazionale Uppi – ed è stato un valido esempio di convivenza: anziani e studenti sono stati entrambi soddisfatti e pronti a ripetere l’avventura. Basti pensare che alcuni di loro, una volta terminato il percorso universitario, hanno consigliato l’iniziativa ad altri amici studenti che poi sono subentrati nelle case dei nonni».
«L’iniziativa – sottolinea Zanni – si propone da una parte di combattere, in maniera più efficace, il fenomeno degli affitti in nero e, dall’altra, di contrastare le truffe che, sempre più spesso, hanno come vittime proprio gli anziani che vivono soli. La presenza di una persona giovane, infatti, molto spesso aiuta a scongiurare questi spiacevoli episodi».
Manuel Massimo

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  1. Caro Direttore, errori di scelta? solo caro Studi? Per ovviare consigliamo di fare come Lauren? Di questo passo anche in Italia frequenteranno le università solo chi potrà permettersi il VIF (Very important Fresher). In questo mare di povertà l’iniziativa dell’UPPI e solo pubblicitaria.
    Molti articoli giornalistici, come ogni anno, pongono in evidenza la questione tra il tanto proclamato “diritto allo studio” e l’impossibile naturale obbligo genitoriale a sostenere i propri figli economicamente, reso particolarmente tale da quanto viene esercitato la pratica del regnante e non quella repubblicana. Di questo caro “studio”, a riguardo delle abitazioni, spesso vengono accusati farisaicamente solo i privati che detengono uno o più appartamenti nelle città del “caro alloggio” e certamente ne esistono le prove. Cosi come nessuno delle autorità addette al controllo della qualità fa valere la normativa sui fittacamere perché questo sono nei fatti con gli studenti.
    A dire il vero, mi sembra che i privati rispondano nudi e crudi alla possibilità che l’istituito mercato offre loro ma questo “animale a sette teste” è nutrito pressoché dalle Amministrazioni Locali delle Città Universitarie e dalle strutturate Agenzie Regionali del Diritto allo Studio.
    Quegli enti locali, ad esempio, provino a proporre, come avveniva un tempo, agli studenti fuorisede l’abbonamento dei trasporti urbani ad un prezzo politico, 10/15 €/mese a seconda delle distanze, anziché 36 euro (che adesso vengono riversate sul posto letto); prezzo politico che del resto fanno già a Ferrara ma riservato ai soli dipendenti del Comune, apicali compresi. Se ciò fosse fatto vedremmo che gli studenti (addirittura accusati di sostenere il mercato nei centri città) volentieri alloggerebbero in quelli disponibili non immediatamente alle facoltà, facendo vacillare, almeno per un certo numero di anni, il caro/prezzo; il centro ne guadagnerebbe.
    Mentre per quanto riguarda le agenzie regionali sopra ricordate, provate a verificare i prezzi che impongono sia per i borsisti che per le poche stanze o posti letto ad “accesso libero” nelle Residenze Universitarie, e scoprirete che queste sono vergognosamente offerte ad un prezzo alto, più alto di quello preteso dai privati/pipistrelli nonostante gli alloggi siano di proprietà pubblica e dovrebbero servire all’interesse pubblico come quello del diritto allo studio. Per verifica analizzate i loro denominati “borsini” (espressione che rivela il loro sentire); per Bologna questo indica prezzi che vanno mediamente intorno a €. 287/posto letto, crescendo oltre 350/380 euro per una mini singola; mentre a Ferrara vanno da 240 a 300 euro. Come è facile arguire, sono proprie queste Agenzie che danno la stura al caro alloggio, altro che privati cari e studenti assatanati di volere abitare sotto le soglie degli atenei (meritano ancora questo nome?). Il motivo è semplice: tengono alto il prezzo per diminuire il valore della borsa di studio vinta dallo studente. Con beffa per i genitori, se il figlio non riesce a dare gli esami entro il fatidico 10 Agosto (mentre l’anno accademico chiude più tardi), che dovranno restituire non il reale valore del posto letto o stanza utilizzata ma quello imposto unilateralmente dall’Agenzia, per non riferire del fatto che si inventano una scadenza annua per ogni beneficio a cui potenzialmente si ha diritto in modo da rendere complicato il reale godimento. Tutto ciò non merita l’appellativo di truffa? Non è tutto ciò che rende interessante il ricorso al mercato nero tenuto conto che quanto è detraibile dal necessario sostentamento dei fuori sede è del tutto irrisorio? Quanto incide l’apparato delle Agenzie sulla spesa regionale finanziata per il compito dato? Non è eccessivo affermare che spesso in alcuni atenei la pretesa selezione sugli esami viene rinvigorita proprio per rispondere a questo scopo. Andrebbero resi pubblici i dati sul numero/annuo degli studenti a cui viene liquidata la “borsa”, ex presalario, rispetto al numero delle borse in restituzione (borsa o prestito forzato?), ovvero il numero di anni medi che impiega un ragazzo a perderla. Senza voler ricordare che le Regioni e questi Enti, tengono con false motivazioni chiuse molte residenze di proprietà pubblica che potrebbero ospitare molti altri studenti. Sarebbe cosa positiva se la magistratura e la guardia di finanza indagasse su quanto denunciato. Insomma è questa la politica del diritto allo studio (la vera pratica invisibile del numero chiuso) fatta in nome dello Stato dei cittadini, da questi “politiconzoli” che proteggono non gli italiani ma il loro sedere. Su questo problema e sui danni conseguentemente perpetrati alle famiglie (restituzione oltre il dovuto) come sulla impossibilità di far votare i fuorisede nelle tornate elettorali (dall’estero si, dall’Italia no) chi nel tempo si definisce opposizione, dovrebbe attivarsi, più di quanto fa. Pensateci gente, pensateci.

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