Anvur: addio alle prove d’ingresso, arrivano i test TECO

test teco

Umanisti o scienziati: i laureati italiani non conoscono mezze misure. Questo uno dei risultati emersi dal primo ciclo di sperimentazione dei test Teco, un nuovissimo metodo di valutazione promosso dall’Anvur (Agenzia nazionale per la valutazione dell’Università e della Ricerca) e presentati oggi a Roma presso l’Auditorium Antonianum.

I test Teco sono i primi in Italia che prendono sotto esame le competenze generaliste degli studenti universitari. In particolare, è stata valutata la capacità dei laureandi di esercitare il pensiero critico per risolvere problemi, prendere decisioni e comunicare in diversi contesti socio-economici e lavorativi. Una sperimentazione durata 18 mesi, che ha coinvolto, oltre all’Italia, altri nove Paesi Ocse. Nel nostro Paese si sono sottoposti volontariamente al test 6000 studenti del terzo e quarto anno di 12 università italiane: Piemonte orientale, Padova, Milano, Udine, Bologna, Firenze, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, Napoli Federico II, Salento, Cagliari, Messina.

Il confronto con gli studenti esteri mostra le abilità e le pecche dei nostri ragazzi: più capaci nella scrittura e nella lettura critica, così come più abili nell’argomentazione e nella lettura critica, ottengono risultati peggiori nell’affrontare questioni di tipo scientifico-quantitativo.

Uno scarto che, secondo i relatori del rapporto, si deve all’impostazione della cultura italiana, quell’effetto “Croce-Gentile” come lo ha voluto definire la coordinatrice della sperimentazione Fiorella Kostoris, ovvero la radicata divisione delle competenze e degli ambiti scientifici tipica della nostra trazione culturale.

I risultati migliori li ottengono gli studenti di Medicina, poi quelli di Matematica, Fisica, Statistica e Psicologia. Quelli più equilibrati, invece, sono i laureandi in Psicologia (capaci di ottenere buoni risultati sia in ambito “scientifico-quantitativo” sia nella parte “umanistica”).

Secondo gli analisti dell’Anvur, questi risultati potrebbero dipendere dal meccanismo di selezione con accessi programmati nazionali (per Medicina) o locali ma estesi al 100% dei giovani (Psicologia) o di autoselezione (Matematica-Fisica-Statistica) dove entra chi ha i voti di diploma più alti.

I risultati peggiori li ottengono gli studenti iscritti a Scienze della Formazione, ovvero coloro che diventeranno maestri e maestre. I laureandi in Filosofia, Storia, Giurisprudenza, Biologia e Ingegneria, infine, ottengono buoni risultati (anche in ambito scientifico) pur senza brillare.

Dai dati raccolti, emerge poi un problema ancora poco noto: la maggior parte dei nostri laureandi segue un percorso di studi piuttosto irregolare. Al momento del test TECO, infatti, solo il 14-19% degli intervistati (studenti di 3° o 4° anno di corsi di laurea triennali) ha ottenuto tutti i crediti formativi di base e caratterizzanti, con la conseguenza che quasi 2/3 dei prossimi laureati acquisiscono le competenze di base del rispettivo ramo di studio negli ultimi mesi del percorso di laurea.

Una sperimentazione che, oltre ai dati raccolti, potrebbe portare grandi innovazioni anche per quel che riguarda l’orientamento e l’accesso all’Università: applicato ai diplomandi, infatti, il test TECO potrebbe aiutare a testare le loro competenze generali ed eventualmente spingerli a prepararsi meglio prima di affrontare i difficili studi universitari, per limitare così l’abbandono o i ritardi del percorso.

“Chi non avesse i requisiti dovrebbe ottemperare ad una serie di obblighi formativi nel primo anno di corso per colmare le lacune – spiega Fiorella Kostoris, coordinatrice della sperimentazione e membro del Consiglio direttivo Anvur – Se questa norma venisse adottata, la verifica delle competenze iniziali potrebbe venire realizzata con strumenti come il Teco”.

Un’ottica che potrebbe prevedere, nel lungo periodo, l’abolizione del sistema delle facoltà a numero chiuso e dei contestati test d’ingresso che potrebbero essere sostituiti, appunto, dall’innovativo TECO.

 

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