Alta formazione, Italia indietro

altaformazione.jpg“La conoscenza e il sapere sono le strade dello sviluppo. Negli ultimi anni si è assistito ad una rivoluzione, ad un grande incremento dell’educazione universitaria, sia nelle zone più ricche che in quelle più povere del mondo, con le donne che sono diventate sempre più numerose e protagoniste. L’Italia, però, non fa bella figura a livello di alta formazione e, anche se si è registrato un incremento, resta in posizioni arretrate rispetto a Nazioni che stanno ottenendo importanti risultati; con tutto quel che ne deriva in termini di competitività e di sviluppo”.
Gary Stanley Becker, premio Nobel per l’Economia 1992, nel corso del convegno “Investments in Human Capital, University Education and Economic Research” di questa mattina nell’ Aula Magna dell’Università di Perugia, ha preso in esame il processo di formazione di alto livello, sottolineandone, con un’accurata analisi del trentennio 1970-2000, le dinamiche e gli effetti per i singoli individui e la società, comparando i dati relativi all’Italia, all’OCSE, agli Stati Uniti e al Giappone.
“La globalizzazione spinge verso una domanda di personale sempre più qualificato – ha evidenziato Becker – capace di utilizzare le moderne tecnologie; l’alta formazione aiuta in questo processo e negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a un autentico boom della formazione culturale; un processo che va rafforzato e allargato agli Stati. Nelle Università si apprende anche come acquisire nuove conoscenze e questo è importante in un processo di crescita costante. Anche perché – ha sottolineato il Premio Nobel, ricorrendo ad alcuni esempi – sono molteplici e positivi gli effetti dell’alta formazione sul reddito degli individui, sulla loro capacità di reagire a situazioni di crisi, sull’indirizzare le scelte dei figli, sulla salute”.
Il rettore dell’ateneo perugino Francesco Bistoni ha evidenziato il momento particolare che stanno vivendo gli atenei in Italia. “In una fase storica in cui la cultura è messa in un angolo, l’Università degli Studi di Perugia, con questa iniziativa e altre già programmate, intende invece rilanciarla. Viviamo un momento in cui la politica ‘taglia’ le spese in questo settore, mentre siamo convinti che il futuro e lo sviluppo del Paese passano attraverso la formazione di qualità, gli investimenti sulla conoscenza e la ricerca”.
Una sollecitazione non ignorata da Maurizio Beretta, dg di Confindustria che ha ricordato quanto “le nostre imprese, in particolare quelle grandi, stanno già facendo: basti pensare alla Luiss e all’’Università di Castellanza, alla collaborazione, più in generale, della Confindustria con gli atenei. Per rilanciare il Paese occorre una ‘fertilizzazione culturale’ che, attraverso il merito, faccia emergere i migliori; operare diversamente, invece, porta all’incapacità di rinnovarsi. Meritocrazia e trasparenza nelle valutazioni valgono anche per le università – ha aggiunto Beretta – sapendo bene che, alla fine, la selezione la farà il mercato e l’impresa”.
Manuel Massimo

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