Ucraina, la rettrice della Ca’ Foscari: “Stiamo vivendo una lacerazione, non discriminiamo i russi”

“In Russia abbiamo 25 studenti, mentre in Ucraina c’è solo una ricercatrice. Poi abbiamo contattato anche gli ucraini iscritti da noi: sono 74”

“La cultura, il dialogo tra i popoli, la reciproca conoscenza sono le uniche armi da utilizzare. Ca’ Foscari promuove e coltiva da sempre questi valori nel segno della pace e della democrazia”. Sono parole usate dalla rettrice Tiziana Lippiello durante la mozione del Senato accademico dell’Università Ca’ Foscari di Venezia con cui mercoledì scorso ha condannato l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il mondo universitario è in subbuglio, tra fughe in avanti (come quella della Bicocca, che aveva rinviato un corso sul grande Fedor Dostoevskij, salvo poi fare marcia indietro) e la volontà di dare comunque un segnale di disapprovazione su quanto sta accadendo.

Dialogo contro le discriminazioni

In un’intervista al Corriere Veneto la rettrice dell’ateneo veneziano a proposito della questione Russia ha affermato come “non bisogna tagliare del tutto i ponti”. Benché anche la sua università abbia “chiesto a tutti gli studenti di rientrare in Italia, come indicato dalla Farnesina“. Ma, precisa: “L’abbiamo fatto per tutelare gli studenti, non per una chiusura dei rapporti con le università russe, decisione che andrebbe assunta tutti assieme, anche in accordo con il ministero. Le relazioni di questo momento sono de fact sospese, perché non possiamo mandare studente, ma non vanno interrotte”. Lippiello, poi, annuncia che venerdì scorso c’è stato un confronto con le università della rete Eutopia, un partenariato internazionale, coordinato dalla University of Ljubljana, cui partecipano, oltre all’Università di Warwick, atenei di diversi paesi europei: Vrije Universiteit Brussel, CY Cergy Paris Université, University of Gothenburg, Universitat Pompeu Fabra.

Dialogo con gli studenti

Sul clima la rettrice rimane cauta. “C’è chi è per la linea dura: sospensione delle relazioni con le università russe e invio degli studenti in altri paesi di lingua russa. Altri stanno in mezzo, convinti che non si possa assumere un atteggiamento categorico su studenti e personale ricercatore, mentre per esempio i romeni hanno ora un’emergenza diversa: accogliere gli studenti ucraini in fuga, come tra poco faremo anche noi, su richiesta del ministero. Non è facile prendere decisioni in questo momento, per questo dobbiamo ascoltare tutti”. L’ateneo veneziano ha attualmente 12 studenti russi per il “foundation year”, l’anno di transizione dopo il liceo e qualche docente e studenti con altri progetti. “Bisogna avere attenzione anche verso di loro, non discriminarli. Stanno vivendo una lacerazione: ho incontrato nei giorni scorsi una docente, che si è messa a piangere: che cosa vado a raccontare ai miei studenti?”.

Mentre per gli studenti italiani in Russia la situazione è diversa. “La priorità è stata metterli in sicurezza, prendendo contatto con tutti. Ora in Russia abbiamo 25 studenti, mentre in Ucraina c’è solo una ricercatrice. Poi abbiamo contattato anche gli ucraini iscritti da noi”, afferma la rettrice. “Complessivamente sono 74, ma 53 hanno un titolo di studio italiano, quindi risiedono già qui da tempo con la famiglia. Degli altri 21, alcuni li vedrò già in questi giorni per capire in che situazione siano. Vogliamo aiutarli e per questo ho contattato la Fondazione Bellisario, che si è resa disponibile anche per alloggio e assistenza. Ma ci sono anche problemi molto concreti, come per esempio il bancomat bloccato”.

Cà’ Foscari e quell’onorificenza a Medinskij

Proprio l’università nel maggio del 2014 fu pesantemente travolta dalle proteste per aver insignito Vladimir Medinskij, ex ministro russo, osteggiato perfino in patria per essere un revisore storico e noto omofobo, e ora capo delegazione per le trattative Ucraina-Russia. Ieri vi è stata la prima riunione di una commissione per revocare l’onorificenza data “da un altro rettore e un altro Senato accademico” ricorda la rettrice Lippiello. All’epoca la cosa fece scandalo all’interno dell’università, con raccolta firme, proteste di studenti e di docenti tanto che l’onorificenza venne consegnata a domicilio. “Comunque intendo anche avviare un processo di revisione del regolamento delle honorary fellowship, introducendo criteri di verifica periodica come già avviene in molte università europee”, sottolinea.

Si è parlato della guerra? “Alcuni docenti l’hanno già fatto per conto loro – ha concluso Lippiello – ma sarebbe bello un dibattito pubblico più ampio. Mi ha detto un collega rettore milanese che da loro è stato molto interessante. Poi tanti docenti si sono mossi autonomamente per raccogliere aiuti. Uno di loro, che è membro dell’Avis, sta anche raccogliendo della sacche di sangue”.

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